lunedì 19 luglio 2021

SCAGLIARE IL PROPRIO CUORE OLTRE I LIMITI

 Esperienza d’amore per sostenere chi non ci crede più




Nel gennaio 2018, Gloss si trovava a esercitare la propria singletudine senza ragnatele da oltre una decina di anni, con dedizione degna dell’innamoramento. Superati i cinquant’anni, non cercava di accoppiarsi in modo più duraturo perché aveva maturato la convinzione che la sua vita le avesse già tanto donato nella sfera degli affetti: due mariti e un figlio ciascuno, una convivenza totalizzante nell’intervallo tra i due. Tutti e tre efficaci circa la crescita personale: il primo, fedifrago proprio durante la gravidanza. Il secondo, picchiatore proprio nel momento del bisogno. Quello fra i due, lo scoprì inadempiente nei confronti dello Stato proprio nel momento in cui avrebbe dovuto vendere la casa. Da tutti aveva tratto grandi lezioni di vita.


Quando si sedeva davanti al Gohonzon, li ringraziava. Gloss non esprimeva il desiderio di incontrare un nuovo partner che la rendesse felice, ma di creare valore con la propria scrittura. Perciò, quando il 26 gennaio si trovò a valutare se subire o meno il fascino dell’uomo verso la sessantina che l’Universo le stava proponendo, decise di muoversi con cautela. Giunse con un’amica con cui condivideva almeno tre passioni - fede, discoteca da rimorchio, letteratura -  all’inaugurazione di un salotto letterario, cui erano state entrambe invitate a partire dalle 21. Convinte di essere in orario, vi trovarono una trentina di individui già presenti. Seduti in circolo, costoro  chiacchieravano bevendo alcolici. Alcuni erano ingrugnati. Come proprio quell’uomo, da cui in seguito scoprirono che per iniziare stavano aspettando solo loro due. Infatti erano tutte e tutti arrivati intorno alle 18:30. 


Gloss  e compagna di fede durante la singletudine avevano allenato assieme lo scanner-cerca-uomo-one-shot, che doveva essere allegro sorridente disponibile giovincello. In assenza di detti parametri, individuarono l’unico papabile nell’aggrondato, ma Gloss si disse che un personaggio così “nero e anziano” non avrebbe fatto per lei, o almeno, non sarebbe stato adatto per una notte soltanto. Tuttavia, durante il momento conviviale del salotto letterario, costui le avvicinò con un largo sorriso, avendo tratto anch’egli la conclusione che le due signore fossero le sole interessanti.


Gloss considerò in quel preciso istante che l’uomo in età avanzata, prima ingrugnato e ora dotato di genuino sorriso, avesse già lottato e vinto numerose battaglie. Ad un’affermazione in buddese, l’uomo chiese loro se praticassero come lui il Nam Myoho Renge Kyo, rivelandosi buddista anch’egli. Gloss stabilì che quella volta non l’avrebbe lasciato all’amica. Tuttavia, mai dare il proprio numero al primo incontro. Si scambiarono Facebook. In una quindicina di giorni lei e l’amica scesero tre volte dalle vette delle Alpi in città, appositamente creando tre occasioni di incontro con il buddista. Gloss li lasciava discorrere tra loro, osservandoli. L’amica esercitava il consueto fascino conquistatore e tantrico. Il buddista discorreva amichevolmente con lei. Amichevolmente e basta.


Prima di partire per un viaggio a Palermo, quell’anno nominata Capitale Europea della Cultura dove Gloss si era prefissata di scovare eventi culturali allo scopo di  promuovere i propri libri, in compagnia di un collega scrittore romano cui aveva recensito l’ultimo romanzo e che era in vena di dimostrarle gratitudine spesandola di tutti i costi del viaggio (benefici della pratica), Gloss scambiò il numero con l’aggrondato buddista che nel frattaim si era rivelato gioioso e capace di trasformare le sofferenze in vittorie. Al suo rientro, costui le propose di uscire a cena, ma stavolta pretese di essere solo con lei. Gloss ne gioì, perché era proprio ciò che aveva finito per desiderare. Il buddista accompagnò Gloss, quasi vegetariana, in spettacolare ristorantino di carne. Ma con lui, Gloss avrebbe derogato su qualsiasi cosa, tranne perdere l’ultimo treno delle 22:15 per rientrare a casa propria. Lui la rassicurò. Quando si sta bene con una persona, il tempo trascorre con la leggerezza di un battito di ali di farfalla. Alle 23 Gloss guardò l’orologio e si accorse che ormai. Punto. Ma lui non si scompose. Dal signore che era, l’avrebbe accompagnata in auto fino a casa. 


All’una di notte passata vuoi non bere il bicchiere della staffa? Guarda caso, sotto casa di Gloss c’era un localino notturno. E fu limone duro. Alle due del mattino vuoi lasciare tornare a casa un uomo affascinante, galante, saggio, intelligente, amante della letteratura, dalla cultura non monotematica, profondo e pure buddista? Guarda caso, era già San Valentino. 


Quindici giorni dopo, avrebbero deciso di convivere, ognuno abbandonando la propria comfort zone: lei la propria singletudine, lui la vita a casa della madre, dopo venticinque anni di matrimonio, di successive relazioni effimere e di impresa individuale fallimentare; e che, se avessero agito in Itahi Doshin, i loro sforzi per Kosen Rufu ne avrebbero guadagnato. Verrebbe da chiedersi se furono affrettati. 


Ma verrebbe anche da considerare che due persone adulte, vittoriose sulle proprie sofferenze, sanno scegliere le migliori azioni per le proprie vite. Verrebbe anche da sottolineare che la pratica per sé e per gli altri velocizza la Rivoluzione Umana. Davanti al Gohonzon, focalizzarono di comune accordo l’incarnazione ideale di coppia, nel bene e nel male, in una realtà dove lo sport più praticato era il tradimento. Fin qui la premessa. O forse per meglio dire, la promessa. Ora esponiamo i fatti.


Chi conosce Gloss, sa quanto sia puntigliosa nell’uso della lingua italiana, a tal punto da essere chiamata sui Social #lamaestrinadellapennarossa, un nodo karmico che sta cercando ancora di sciogliere. Aveva infatti coniato uno dei suoi Forforismi preferiti, “le parole sono coltelli”, che, se usate male, possono ferire più di un’arma. Ebbene, il  gioioso Budda con cui aveva determinato di condividere le propria preziosa vita, si rivelò impreciso, una circonluzione per dire che gli capitava di “dare fiato alle trombe”, senza pensare a ciò che dicesse. Le dichiarò il suo amore, ma l’amore è una parola troppo grande per Gloss da poterla accettare. 

Pur avendo asserito che che lei fosse la sua fidanzata, al telefono con una cliente baccagliante, la definì invece “la sua ragazza”. La sua “ragazza” e non fidanzata? Proprio a colei che gli faceva il filo? Gloss si alterò così tanto da prenderlo a schiaffoni, pur di interrompere quel suo inopinato flusso di coscienza, pentendosene subito dopo. Lei che era da anni contro la violenza e per natura, e per formazione, e per posizione post pestaggio dell’ex, lei che si auto definiva non gelosa, guardò la propria mano come se non le appartenesse. Senza scomporsi, lui affermò che se quelle fossero le intenzioni di lei, se ne sarebbe andato. Gloss gli indicò la porta. Al che lui, come svegliandosi da un incubo, si bloccò, la guardò dritta negli occhi e con fare serio verbalizzò la propria intenzione di starle accanto per aiutarla a trasformare la sua rabbia.


Per la prima volta nella sua vita, lei capì di essere gelosa. Colse il suo comportamento come segnale di disgelo del cuore, d’amore nascente. Si confrontarono determinando insieme di cambiare quei loro aspetti: Gloss avrebbe accolto la libera rappresentazione dei pensieri di lui così come compaiono nella mente, prima di essere riorganizzati logicamente in frasi (solo a James Joyce l’aveva perdonato), lui avrebbe continuato a convivere per far svanire la stizza di lei. Entrambi sapevano che l’uno non avrebbe dovuto diventare il Gohonzon dell’altro, e che quella rivoluzione umana sarebbe potuta realizzarsi con il Daimoku, prendendo la propria vita tra le mani, assieme a Sensei.


In meno di un trimestre, sovvertirono le esistenze di entrambi. Genitori da relazioni precedenti, determinarono di spostarsi dal monolocale di lei ad altro appartamento di dimensioni più consone ad accogliere anche i loro rispettivi figli proprio in una località votata al turismo non residenziale, quindi con proposte immobiliari di taglio ridotto, ovvero monolocali o bilocali. Cristallizzarono nelle proprie agende l'obiettivo composito della loro casa: piano alto, ascensore, comoda ai servizi, due camere da letto, due bagni, soggiorno, cucina abitabile, terrazzi, garage, proprietà non abitante nella medesima località per non trovarsela in casa ad ogni pagamento di locazione, cifra massima, cento euro in più del monolocale. Assieme si dicevano che se è vero che l’impossibile diventa possibile in nome di Kosen Rufu, allora è anche vero che avrebbero trovato una abitazione adatta alla loro allargata famiglia proprio lì, in luoghi tanto somiglianti al Picco dell’Aquila. E così fu, tranne che per i dettagli “piano alto” e “ascensore”, ampiamente compensati dall’ampiezza del parco condominiale.


«Ora, come in un sogno, capisco il cuore del capitolo Torre Preziosa, che dice: “Anche se afferraste il monte Sumeru e lo scagliaste oltre innumerevoli terre del Budda, anche questo non sarebbe difficile [...].Ma se dopo l’estinzione del Budda, in un’era malvagia, predicherete questo Sutra,ciò sarà davvero difficile!» (SDLPE, 253)

Ebbene, quei due Budda gioiosi avevano scagliato il cuore oltre il propri limiti, assieme a Sensei. E avevano vinto.


Firmato 

Stefi Pastori Gloss


mercoledì 10 marzo 2021

DALL'ALLOGGIO POPOLARE ALLA CA' DI SCIURI

(tempo di lettura: 20 minuti)

Condividendo questo scritto, Gloss desidera incoraggiare chi sta decidendo se continuare la propria Rivoluzione Umana dove si trova, fermo nelle proprie convinzioni e nella Fede, saldo come una roccia, magari rischiando però di irrigidirsi su posizioni ormai superate dall'incessante rincorrersi degli eventi; o se seguirli e assecondarli come fa l'acqua con le asperità del terreno, per approfondire e migliorare la lotta di Kosen Rufu, anche in un altro ambiente, persino più complesso e delicato... La Fede Buddista, in un caso o nell'altro, ci insegna la fluidità e ad affidarci.

Scrivere di passare dalla casa del popolo alla casa dei signori equivale al motto "per aspera ad astra" che nella grecità rappresenta il cammino degli eroi verso l'Olimpo. E il cammino di Gloss, durato dal 2009 al 2021, è proprio un percorso dai connotati a tratti comici, a tratti tragici, a tratti eroici, fino a sfociare nella vittoria.

Possedere una casa per abitazione è tra i diritti fondamentali per le nostre civiltà. Come obiettivo politico, il diritto alla casa è stato dichiarato nel celebre discorso del 1944 di Franklin Delano Roosevelt sul Second Bill of Rights, ed è sostenuto da varie associazioni di cittadini. La disciplina francese e tedesca della locazione abitativa costruiscono dagli anni Ottanta un modello di locazione a tempo indeterminato con recesso del locatore solo per giusta causa, in cui la spettanza all'abitazione è trattato come un diritto soggettivo perfetto, essendo il locatario destinato a essere maggiormente tutelato quale parte contrattuale debole rispetto al locatore. (Tuttavia, le recenti crisi economiche stanno convincendo i legislatori ad acquisire la legittimazione di tutele diverse ma paritetiche anche per la proprietà).

Il diritto all'abitazione viene riconosciuto da trattati internazionali sui diritti umani: dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo alla Convenzione Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali, proclamano il diritto alla casa come parte del diritto a un adeguato standard di vita. Nel Diritto Internazionale dei Diritti Umani, quello all'abitazione è considerato un diritto indipendente, tanto da istituire il concetto di "adeguato alloggio" presso il Comitato delle Nazioni Unite sui Diritti Economici, Sociali e Culturali, fornendo interpretazione autorevole in termini legali e ai sensi del diritto internazionale. Il diritto alla casa è altresì sancito anche dall'articolo 28 della Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità, dall'articolo 16 della Carta Sociale Europea e nella Carta Africana dei Diritti dell'Uomo e dei Popoli. Nella Costituzione italiana il diritto all'abitazione è richiamato all'art. 47.

Anche nel lontano Oriente, i Principi di Yogyakarta sull'applicazione del diritto internazionale dei diritti umani in materia di orientamento sessuale ed identità di genere affermano che "ognuno ha il diritto a un alloggio adeguato, compresa la protezione dallo sfratto, senza discriminazioni" che gli Stati membri devono rispettare, cautelare e salvaguardare.

In poche parole, il diritto di abitazione in tutto il mondo e per ogni cultura è inalienabile, tant'è che in particolare in Italia nel secolo scorso è venuto a costituirsi il sistema della "edilizia residenziale pubblica", (anche "edilizia popolare"), ovvero complessi di abitazioni con determinate caratteristiche di salubrità e raggiungibilità economica anche per i soggetti meno abbienti della Società, grazie  all'attivazione della pubblica amministrazione statale, a livello nazionale come locale. A Milano resta tutt’oggi l’esempio illuminato delle Case Popolari del Quartiere Operaio Mac Mahon (1906-7), modello avveniristico del costruire in mattoni per il bene della collettività. Parte di un progetto più ampio legato alla creazione di un intero abitato per ovviare all'emergenza abitativa dovuta alla crescita demografica, il rione si concretizza in case a schiera, villini isolati, ma soprattutto, in edifici a cortile chiuso e ballatoio, le cosiddette "case di ringhiera". Specificità differenti ideate da Giannino Ferrini, ingegnere dell'ufficio tecnico municipale, gli edifici sono tutti in muratura: in stile neo - romanico tipico dell'archeologia industriale della zona, con tetti in legno e solai in calcestruzzo, quando ancora si costruivano in cannicciato. Nel complesso erano persino inseriti fabbricati di uso collettivo, come lavatoi, biblioteca popolare, asilo, perfino negozi. Dei tremilaottocento edifici inizialmente previsti dal piano restano pochi esempi.

Come conseguenza di una concatenazione di rovesci originati nel 2008 dalla distruzione familiare  seguita alla disabilità della figlia, e altri successivi, tra cui la rottura di aneurisma cerebrale, nel 2012 in capo a due anni Gloss si ritrovò disabile, senza lavoro, senza figlia, senza casa. Sfrattata dal suo alloggio nel pieno centro di Milano, cui provvedeva in parte tramite gli alimenti del marito anche grazie alla corposa quota figlia, e in parte subaffittando le stanze a lavoratori a contratto determinato del settore legale e finanziario, come a studenti d'arte dalle famiglie abbienti, da quell'evento in poi si ritrovò a dover sopravvivere con l'indennità di invalidità e con gli alimenti dell'ex marito senza la quota relativa alla figlia, briciole rispetto al tenore di vita matrimoniale. Non avendo più coinquilini, fuggiti durante i tre mesi di coma e la riabilitazione, non potendo più avvalersi della quota alimenti relativa alla figlia perché affidata al padre, Gloss si trovò nell'impossibilità di corrispondere e locazione e spese condominiali. Forte delle indicazioni legislative - una su tutte, quella della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo che considera la perdita dell'abitazione una violazione al diritto al rispetto del(la libertà di) domicilio (Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea art. 7) e che qualsiasi persona che rischi di esserne vittima avrebbe diritto, in linea di principio, a poter far esaminare la proporzionalità di tale misura, e, non da ultimo, lo stato di costernazione in cui ebbe improvvisamente a trovarsi, le impedirono di essere lucida e di lasciare l'appartamento, nella poco saggia convinzione che non avrebbero potuto sfrattare due soggetti disabili, di cui uno persino minore. Si sentiva pure sostenuta dall'articolo 28 della Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità. Invece, come sarebbe stato prevedibile, lo sfratto arrivò nel 2014. Aveva accumulato un debito insolvibile per le sopraggiunte condizioni economiche di  povertà in liquidità. Possedeva un paio di beni immobili fuori provincia, lontane dunque dal centro di interesse. Ma il mattone non si può mangiare. In un anno, la figlia dovette andare ad abitare col padre, e Gloss lasciare l'appartamento, abbandonando sul loco gli arredi praticamente nuovi e traslocando almeno gli effetti personali dalla madre. In quella frangente, Gloss agli inizi del 2015 si ammalò di cancro alla mammella sinistra (vedi POLIPO IN INSALATA CON PATATE) Due ma non Due, Itai Doshin Donna&Uomo: POLIPO IN INSALATA CON PATATE (2non2.blogspot.com) fino alla radioterapia in luglio. Ma non le mancavano le forze per rispondere alle incriminazioni pretestuose della madre, pur ammettendo che ciascuna era abituata alla propria indipendenza e autonomia.
Nel frattempo, Gloss aveva abbracciato la Fede Buddista. A quattro settimane dall'inizio della Pratica, ricevette lo status di membro della Soka Gakkai. Il solo status, in quanto non avrebbe saputo dove posizionare il Gohonzon. Infatti la madre, che la ospitava, riferendosi all'oggetto di culto, le gridò con rara perfidia: «Quel diavolo lì a casa mia non entra!» Ognuna col proprio rosario, nessuna delle due capiva l'altra. Una sera, dopo una lite furibonda, Gloss fu scacciata dalla madre. Per una notte la ospitò un compagno di fede, ma la situazione andava risolta immantinente. La convivenza forzata con la madre aveva peggiorato i loro rapporti già compromessi. Fortemente cattolica, la madre non ammetteva l’esistenza di altre religioni.
Fortunatamente Gloss era tornata in confidenza con una compagna di scuola delle elementari, la quale, vivendo sola con una delle due figlie, le offrì accoglienza, sostenendo che, viste le sue condizioni, se avesse fatto richiesta di alloggio popolare, la commissione gliene avrebbe assegnato uno nel giro di pochi mesi. Per quanto la reciproca compagnia fosse gradevole, la privacy delle tre donne tuttavia ne risultava affaticata. Intanto, come prova concreta del Buddismo, i compagni di fede le suggerivano di porre un obiettivo per iscritto e di fissare una data entro la quale realizzarlo. Quale altro desiderio se non la casa?
A luglio era diventata membro, ad agosto aveva reperito un alloggio in locazione temporanea per trascorrere le vacanze sulle montagne piemontesi assieme alla figlia. In quella località entrò presto in contatto con il gruppo di Buddisti. Fu accolta come in famiglia e praticarono assieme per la necessità di Gloss di trovare casa entro ottobre al prezzo adeguato al suo reddito, comprensivo di riscaldamento e che fosse sulla via principale della cittadella montana. In settembre fu ospitata dai "buoni amici" buddisti locali a cui si sentiva karmicamente legata, e ogni giorno dialogava con agenzie immobiliari e privati cittadini circa le opportunità immobiliari in locazione allo scopo di trovare la casa adatta, con i requisiti scritti nel suo obiettivo. Ne reperì oltre una trentina, dai prezzi oscillanti tra i + e i - 50 euro del budget, dall'improvvido ammobiliato a quello arredato da architetto. Ma una sola li riuniva tutti.
Recitò perché creasse valore con quest'ultima abitazione, sebbene ancora non sapesse come. Si mise d'accordo con la proprietà tramite agenzia, ottenendo pure un piccolo sconto sia sulla locazione che sulle provvigioni. Ai primo di ottobre Gloss firmò il contratto e si trasferì. Gloss ricorda quella ricerca come faticosa, ma gioiosa, perché finalmente avrebbe potuto ricevere non solo il Gohonzon, ma anche i compagni di fede per la pratica e gli Zadankai. Colse così il significato di "creare valore" offrendo la casa per realizzare Kosen Rufu.
A dire il vero, il reperito monolocale arredato come una bomboniera un difetto l'aveva: il contratto stipulato non le permetteva di portarvi la residenza. Il che al momento avrebbe anche potuto farle comodo per via dei requisiti indispensabili all'assegnazione di alloggio popolare. Addirittura fu consigliata da un'associazione inquilini di intestare il contratto di locazione alla madre, sostenendone però i costi, e a fissare l’abitazione presso un ente milanese adibito all'accoglienza di persone senzatetto. Gloss non era felice di questa soluzione, l'avvertiva ingiusta verso gli altri e verso se stessa, tuttavia l'allettava la prospettiva di un alloggio a basso costo a Milano vicino alla madre che, col passare degli anni, non sarebbe certo ringiovanita e che avrebbe avuto bisogno della figlia come sostegno.
Nonostante tutte le strategie, fu la vita a decidere per lei. Gloss non aveva ancora imparato ad affidarsi al Gohonzon, cioè a sé. Intanto però ne sperimentava l'efficacia, ad esempio fotografandosi prima di un'ora di Daimoku e dopo. Scattate nelle medesime condizioni di illuminazione, spazio e posizione, nelle foto risaltava il cambiamento di luce. Luce interiore, che, in quel periodo di traversie si era spenta e che con il Daimoku si riaccendeva.

"A ciascuno di noi sarà certamente capitato di sentire capovolto il proprio stato vitale dopo solo pochi minuti di Daimoku. Questa esperienza straordinaria e commovente di passare dalla disperazione alla speranza, vera, profonda, che sa di vita, è sempre alla nostra portata". (Antonella D'Oriano, Buddismo e società numero 160, pagina 24, LA FORZA CHE VIENE DA SANGHA)

E Gloss era davvero disperata, per essere stata maltrattata dall'ex marito, per la figlia disabile, per il rapporto con la madre, per la mancanza di alloggio personale, e da poche settimane pure per la radioterapia. Aveva dovuto in primis fare fronte alle criticità cui una donna maltrattata si imbatte suo malgrado, tra cui il malo modo col quale certe Istituzioni preposte alla tutela dei bisognosi se ne dovrebbero occupare. Associazioni caritatevoli presenti in tutto il territorio italiano. A cominciare dalla casa. Si iscrisse alla graduatoria per l'ottenimento dell'alloggio popolare fin dal 2009, entrata di diritto alla posizione 241.

EGOIST!
Nell'aprile precedente Gloss si era fatta animo ricordando uno spot TV che anni prima urlava EGOIST! EGOIST! EGOIST! Lottava ormai da anni per gli altri, talvolta dimenticando se stessa e le proprie esigenze vitali. Anche la psicologa del SVS/D (Soccorso Violenze Sessuali/Domestiche) della Clinica Mangiagalli durante un incontro, le aveva detto di dedicarsi del tempo e di piangere. Approfittò della gratuità dei mezzi di trasporto per andare in treno a Mantova. Adorava - e adora - le città d’arte. Ammirare monumenti e chiese, farsi toccare il cuore dalla Grande Bellezza di palazzi e giardini, di paesaggi naturali e negozi, dalla spontaneità e dalla vitalità della cittadinanza, per Gloss erano sempre state attività toccasana.
Vi conobbe anche un uomo bello, sportivo, aitante, da cui ricavare consolazione affettiva, seppur fugace. La domenica successiva si propose alla sua vita la seconda tattica da dedicare a sé: il pianto. Con la figlia disabile si erano recate a trovare la consigliera spirituale, una sorella francescana che aveva redatto la prefazione di RINASCITE RIBELLI #siamotuttijoker. Non avendo in quel periodo ancora conosciuto il Buddismo, partecipò con figlia e la Sorella francescana alla Santa Messa in Cattedrale. Durante la comunione, i fedeli intonarono un canto liturgico che parlava di Resurrezione. Gloss lo interiorizzò, mentre il Corpo di Cristo scendeva in lei. Si inginocchiò sulla panca e lasciò andare un pianto di gioia, erano lacrime di felicità, si sentiva risorta nonostante stesse attraversando quel periodo tremendo. Dalla volta precedente in cui pianse erano trascorsi sei anni. Ma all'epoca si era trattato di una immersione totale nel dolore. Ora nella gioia. Piangendo di gratitudine, ricapitolava le proprie disgrazie. Finché la figlia abitava con lei, aveva percepito alimenti divorzili consoni all'elevato tenore di vita matrimoniale precedente, in parte utilizzati al pagamento della pigione del lussuoso appartamento, allo scopo di garantire alla figlia il massimo del comfort in un quartiere tranquillo senza criminalità, di fronte all'ospedale specializzato in neuropsichiatria infantile, di cui la bimba necessitava. Si spese così tanto per la sua riabilitazione psicomotoria che il corpo un bel giorno le aveva detto di fermarsi, spegnendosi d'improvviso. Un mese di coma, paralizzata sul lato destro, incapace di articolare parola. Tre mesi di riabilitazione. Nel Male, accadde il Bene, cosa sorprendente solo a chi non è buddista. Il padre, che non l'aveva mai considerata, finalmente si accorse di avere una figlia, accogliendola in casa propria. Mentre Gloss, tornata dal Regno dei Morti, si trovò sola, senza lavoro e senza figlia, in una casa troppo grande e troppo cara. Dovette smettere di onorare l’impegno della locazione e fu sfrattata. Invece di pignorare i beni immobili di Gloss, il padrone di casa tentò di rifarsi sulla casa di sua madre, di cui Gloss possedeva una piccola quota derivante dalla eredità del padre, attivando la procedura di pignoramento. Pertanto, per risolvere la situazione debitoria contratta, Gloss si trovò costretta a svendere a una cifra inferiore al 50% delle valutazioni di mercato un terreno in Piemonte ed un piccolo appartamento nella provincia bergamasca, troppo lontani dov'era il centro degli interessi.
Siccome la fortuna è cieca ma la sfortuna ci vede benissimo, Gloss scoprì solo in quel frangente che sul proprio piccolo appartamento gravava una ipoteca accesa dall'Agenzia delle Entrate anni addietro per rifarsi del debito contratto dal suo ex socio che l'aveva tenuta all'oscuro. Pertanto, dovette prima saldare l'Agenzia delle Entrate, dalla quale ottenne la produzione del documento attestante la cancellazione dell’ipoteca, necessario al notaio per l'esecuzione dell'atto di vendita. Anzi, s-vendita. Restò comunque invisa alle Banche per tre anni perché il proprio nominativo era stato inserito nel sistema di informazioni creditizie EUROSIC, un registro cui banche e società finanziarie possono rivolgersi per finalità collegate alla tutela del credito e al contenimento dei relativi rischi. La conseguenza fu che per anni Gloss non avrebbe potuto accedere a nessuna linea di credito, tantomeno un mutuo o un prestito per arredare una casa.
Aveva attivato un avvocato con il beneficio del Patrocinio Gratuito a Spese delle Stato allo scopo di adire l’opportuna azione risarcitoria dall'ex socio, che si rivelò una MISSION IMPOSSIBLE, in quanto il "prode" aveva negli anni intestato tutti i suoi beni, mobili e immobili, ad altri soggetti non perseguibili. L'unica cosa che Gloss  guadagnò fu la soddisfazione di aver fatto del bene a quell’irresponsabile. Avrebbe incaricato il medesimo avvocato per pattuire il rientro rateizzato con la proprietà dell’alloggio prestigioso di cui fu morosa, se non si fosse rivelato un truffatore accordatosi con quella per sottrarle denaro in più.
Fortuna aveva lo strumento del Daimoku che non attiva la fortuna, ma anche le funzioni protettrici della vita, gli Shoten Zenjin, traducibili in propria saggezza. Sgamato l'inganno, con costanza, dedizione e, appunto, saggezza saldò il debito nei termini stabiliti dal Giudice con la nuova avvocata, che le aveva permesso di risparmiare un terzo della somma complessiva. Restava irrisolto il problema dell'abitazione principale. In quel frangente, alla Messa in cattedrale, si sentì rinata e grata di aver superato tutte quelle calamità con le sole proprie forze. E la sua mente riandava al passato, alle peripezie con la casa, iniziate in Zona 9 a Milano.

Nata, cresciuta, formata in quella zona, dopo varie traversie di vita tra tentativi di fuga dall’anaffettività familiare, specie materna, il conseguimento in contemporanea di due diplomi, guadagni stratosferici in Pubblicità perché erano quelli precedenti alla famigerata operazione "Mani Pulite", matrimoni a ventun anni, un figlio, e il primo divorzio, un secondo divorzio conseguente alla nascita di una bimba disabile, la rottura di aneurisma cerebrale, lo sfratto, il carcinoma alla mammella: finalmente (finalmente! Che assurdità) assunse lo status di malata oncologica in cura presso l’ospedale Niguarda di Milano, ulteriore requisito per risalire la graduatoria di assegnazione di alloggio popolare, nella quale era fin dal 2009. 
Dopo assidue visite negli uffici preposti, finalmente la sua domanda ebbe accesso alla commissione assegnataria, la quale la rigettò perché Gloss risultava non residente in Lombardia da almeno cinque anni. Eppure, lei è addirittura longobarda, come ebbe dedotto Nonno Giobatta da una ricerca sul cognome Pastori: le sue indagini accurate lo facevano risalire ad un clan di longobardi medioevali calati in Longobardia per praticare la pastorizia. Nomen omen. Avendo sposato un piemontese, Gloss aveva dovuto traslocare la residenza in regione Piemonte, perdendo in un colpo solo tutti i diritti. E di questo avrebbe dovuto ringraziare certe leve politiche che, pur di far assegnare gli alloggi popolari agli italiani e non agli stranieri, avevano fatto approvare quella condizione per lei capestro.
Di certi fatti importanti per la propria vita si ricordano data e ora. Il giorno 21 aprile tra le ore 8,30 e le 12, 30 Gloss compì a piedi e coi mezzi pubblici il pellegrinaggio della speranza tra via Pirelli 39, Via Larga, Via Statuto, in un gioco di rimpalli tra le allora sedi delle autorità preposte all'assegnazione di alloggi popolari. Una ventina di chilometri in tutto. Ottenendo "giocosamente" di sapere di dimorare ancora in graduatoria, di essere precipitata dalla posizione 241 alla 661, di non ricevere previsioni plausibili sul momento in cui avrebbe avuto un tetto sulla testa, mentre era ospitata a turno da amici e conoscenti dall’animo buono. Presso la sede della Commissione in Via Pirelli 39, a Gloss fu riferito che gli alloggi da attribuire nello "stato di fatto" erano appena terminati, conferiti a persone bisognose ma in grado di ristrutturarli, per la qual cosa Gloss non avrebbe avuto le potenzialità economiche. Che il “numero delle deroghe” era stato chiuso a duecentocinquanta unità e lei non vi rientrava. Gloss allora si spostò in Via Larga (Assessorato alla Casa), che a sua volta la spedì in Via Statuto (Servizi Sociali) dietro il suggerimento di ottenere un alloggio destinato al cosiddetto progetto di "residenzialità temporanea", dedicata ai singoli in difficoltà, dal nome Albergo Diffuso. Ottimo proposito di valore, ma mancavano ancora le convenzioni coi privati. Se ne sarebbe parlato tra un anno. Forse. Gloss ne aveva invece bisogno immediato. Pur essendo tornata vera longobarda, dopo sei anni ancora non sapeva che sarebbe stato della sua vita. Sola certezza: a giorni avrebbe dovuto iniziare la radioterapia all’ospedale Niguarda. Al termine di questo primo pellegrinaggio aveva ottenuto il suggerimento di sottoporre il proprio caso ai Servizi Sociali di competenza. Gloss cominciò ad avere cedimenti. Ma non mollò. Aveva già combattuto battaglie ben peggiori, vincendole.

MILANO DA URLO
Presso i Servizi Sociali della zona di competenza le venne raccomandato di presentarsi con anticipo, perché nei due unici giorni di ricevimento avrebbero potuto accogliere solo cinque persone a giorno. Arrivò un’ora prima: era già la n.4. Presente anche una commessa, tutta presa a fare accoglienza leggendo il giornale. L’assistente sociale sarebbe arrivata un’ora dopo, cioè nel momento esatto in cui la commessa chiuse il giornale e rivolse la propria attenzione ai bisognosi, accorgendosi che Gloss era invalida. Le spiegò che il caso non competeva a loro, ma ad altra sede. Le girò un foglio dove, tra le tante indicate, Gloss sceglie quella "forse" competente. "Forse", perché la commessa, preposta a dare informazioni, non ne aveva. Gloss allora telefonò alla presunta sede seduta stante: nemmeno quella era corretta. Viene rimandata ad un altro Servizio, dove rispose una Segretaria, la quale disse tre cose: 1, che gli invalidi della zona erano tantissimi; 2, che l’Assistente Sociale era una sola e faceva quel che poteva; 3, che Gloss sarebbe stata ricontattata per un appuntamento dopo tantissimo tempo. Una settimana? Un mese? Un anno? Forse, disse, sei mesi. Per avere la telefonata che le avrebbe fissato l’appuntamento, Gloss avrebbe dovuto attendere sei mesi. Al suo fianco, uno dei quattro questuanti era invalido, uno psichiatrico con difficoltà di comprensione, anche lui inviato erroneamente come Gloss in quella sede. Non capiva dove sarebbe dovuto andare e restava imbambolato nel corridoio. Gloss capì quanto fosse fortunata, perché almeno comprendeva in che luogo avrebbe dovuto continuare a perorare la propria causa: in Via Larga, presso l'Assessorato alla Casa, per conferire nuovamente con quel Responsabile che le indicò il progetto Albergo Diffuso inesistente. L'obiettivo di Gloss era di informarlo sull'insuccesso, in modo da non inviare inutilmente altri disgraziati, ma speranzosi, come lei. Gli fece rilevare che i vari uffici dei Servizi Sociali non erano in rete e che avrebbe dovuto attendere almeno sei mesi per un appuntamento. Tuttavia lo ringraziò perché da quel pellegrinaggio aveva ricevuto il dono di conoscere tante persone disagiate come lei, di averle incoraggiate e con le quali si sarebbe organizzata per andarlo a trovare spesso. Una minaccia? «Signora, io cosa ci posso fare con i Servizi Sociali?», diceva il solerte Funzionario, allargando le braccia. In quel momento, Gloss credette di trovarsi, invece che all’Assessorato alla Casa, in quello al Turismo: aveva compiuto chilometri per tutta la città, con nessun altro scopo di fare la turista, cosa che le piaceva molto, soprattutto perché stava riscoprendo una Milano da urlo. Che non era solo il proprio.

KAFKA LE FA UN BAFKA
In quell'aprile 2015 le fu spiegato che sarebbe stata contattata telefonicamente dall’Assistente Sociale di competenza di lì a sei mesi dopo. In effetti, ad onor del merito, di mesi ne passarono “solo” cinque. In quella telefonata, le venne indicato un indirizzo che appuntò sulla app Google Maps, per facilitare l’individuazione. Quando vi giunse, si accorse che all’indirizzo indicato esisteva solo una Piscina Comunale. Chiamò la sede dei Servizi Sociali e mi spiegano che QUEL numero civico corrisponde effettivamente alla Piscina, ma per poter scorgere un secondo portone nascosto  con il loro cartello, avrebbe dovuto entrarvi. Cioè, per vedere la porta di accesso all'ufficio dei Servizi Sociali, avrebbe dovuto entrare in piscina! Un altro varco facile da reperire come il fantomatico ago nel pagliaio. Pare che Servizi Sociali ed Uffici Comunali preposti al sostentamento dei disabili o alla attribuzione di un alloggio popolare di Milano abbiano la peculiarità di nascondersi. Quando finalmente vi entrò, parlò con l’Assistente Sociale, per scoprire che il fantomatico Albergo Diffuso si era trasformato da progetto per “adulti singoli in gravi condizione economiche e di salute” - cioè lei -, a “giovani coppie con prole in tenera età”. Insomma, definitivamente tagliata fuori. E dire che un Assessore contattato da Gloss per segnalargli il proprio caso umano, l'aveva accusata di essere stata imprecisa, quando invece fu tutta la Rete e l'Organizzazione a rivelarsi tale.  «Oh ma Signora, non tutto è perduto», incalzò la generosa Assistente. Informò Gloss che avrebbe potuto essere inserita in altri ambiti. Uno, dedicato ai senzatetto, cui viene attribuita una dimora in alloggio condiviso con altri clochard, che a Milano si chiamano BARBONI. Da bimba, Gloss giocava di fantasia con il fratello, lanciandosi in caleidoscopiche avventure, lui chiamandosi Gianni e lei Barbone. In quel momento colse l’ironica preconizzazione del proprio futuro. L’organizzazione in cambio avrebbe prelevato alla fonte i suoi redditi, lasciandole zecche e pulci mensili come coinquilini complementari e centottanta euro del suo misero gettito personale, forse per acquistare i prodotti atti a eliminare i fastidiosi insetti. Gloss colse che la soluzione non avrebbe fatto al caso suo. Vi sarebbe stato un secondo ambito risolutivo alla sua situazione, dedicato agli invalidi di qualsivoglia natura, sempre in alloggi condivisi, senza la trafila verso l’assegnazione di alloggio popolare, dietro pagamento di locazioni modeste che si aggirano intorno ai cinquecento euro mensili. Modeste in che senso? Cinquecento euro al mese sarebbero stati  comunque troppi per le sue tasche, tenendo conto che avrebbe dovuto condividere la propria camera con sconosciuti, disabili, magari pure tristanzuoli. Gloss sentiva di non aver bisogno di tristezze supplementari.
L’ultima spiaggia sembrava a quel punto rappresentata da un’organizzazione caritatevole cattolica, che concedeva gratuitamente alloggi di sua proprietà a rifugiati e migranti senza casa né lavoro, i quali li condividevano tra di loro. Costoro sarebbero stati poi accompagnati su un percorso di inserimento al lavoro e di assegnazione di alloggio popolare. Gloss vide questa terza come un’opportunità più adatta, sebbene non capisse come una milanese doc possa essere ritenuta una rifugiata. Espresse le proprie perplessità alla Assistente Sociale, la quale, non sapendo rispondere, le porse un biglietto da visita riportante nome e il recapito del Responsabile di questa organizzazione caritatevole, dicendole di farsi spiegare da lui come funzionasse. Di fatto, stava passando la patata bollente. Gloss chiamò al volo l'organizzazione caritatevole, da cui ottenne una caritatevole reprimenda per essersi azzardata a chiamare senza l’intercessione dell’Assistente Sociale. Il solo risultato ottenuto, fu di far indirizzare all’improvvida Assistente Sociale una caritatevole sgridata. Eppure Gloss aveva debitamente premesso quale fosse la situazione. Si lasciarono con le caritatevoli scuse da parte della caritatevole organizzazione, che espresse l’intenzione di chiamare caritatevolmente. Insomma, un altro caritatevole buco nell’acqua. L’Assistente Sociale le aveva fatto notare di non poter mantenere la residenza nella casa da cui fu sfrattata oltre un anno e mezzo fa, ma dove Gloss l'avrebbe potuta portare, senza casa? Facile: «Si rivolga alla Caritas, Signora!» E così non le restava che affrontare anche questa umiliazione, la Caritas che anni addietro, questuante nella condizione di mamma single con figlia disabile a carico, le aveva rifiutato qualsiasi forma di aiuto. Insomma, a Gloss tutta la situazione apparve in perfetto stile kafkiano, con la sua straniante opera IL PROCESSO.

RESIDENZA FAI DA TE
Intorno al 20 di settembre del 2015, Gloss si recò nella sede centrale della Caritas, dove si trovò in una coda di sfigati come lei a leggere il cartello: SI AVVISANO GLI UTENTI CHE NON SONO ACCETTATE DOMANDE DI RESIDENZA FINO AL 30 DI SETTEMBRE. Mancava una decina di giorni alla scadenza. Incoraggiata, (Gloss si faceva - e si fa - sempre coraggio da sé nelle situazioni difficili, ripetendosi di aver superato - e vinto - battaglie ben peggiori) bussò ad una delle porte, tutte anonime e senza indicazioni, riuscendo a farsi mettere in lista per la domanda di residenza presso di loro. Le viene detto di aspettare, pochi minuti più tardi le si spiegò che avrebbero potuto  inoltrarla soltanto se lei fosse risultata nella condizione di senza fissa dimora. «Faccia richiesta di risiedere presso il Comune, Signora» le fu consigliato. Allora Gloss chiamò la sede centrale del Comune di Milano allo 020202 dove un’impiegata solerte si informò circa la sua richiesta, dandole conferma: «Sì Signora, si rivolga ad una qualsiasi delle nostre sedi con Carta Identità, patente e libretto di circolazione, che verrà fatto tutto.» Fiduciosa, Gloss si recò nella sede di Zona 9. Dove allibiscono e la Sportellista e la Responsabile dell’ufficio. «Non può portare in Comune la sua residenza! Mi faccia chiamare dall’Assistente Sociale che le spiego io come funziona e si rivolga al Parroco qui vicino per portare la residenza presso la Parrocchia!» Superfluo dire che il Parroco manco aprì il cancello. Nel frattempo, erano passati dieci mesi senza casa, vivendo ospite di persone di buon cuore, trascorrendo le giornate negli uffici pubblici che dovrebbero dare sostegno ai bisognosi. Ne ricevette solo la conferma che Kafka e il suo PROCESSO erano la stessa Gloss!

TELENOVELA DA URLO
Il 3 luglio 2015 Gloss tornò negli uffici di Via Pirelli 39 accompagnata da una signora del sindacato inquilini e con altra donna nelle sue condizioni, Giovanna, la cui storia la colpì. Sposata, madre di due piccoli in età pre-scolare, sfrattati per fine locazione, da un anno erano ospiti tutti e quattro della suocera in bilocale da cinquanta metri quadrati, dove l’inverno precedente i due bimbi avevano giocato nell’unico spazio libero: sotto il lavello del bagno. Presentò la domanda di emergenza (in deroga) in marzo 2014. Già a maggio dello stesso anno la Commissione l’aveva approvata. Ora è in Pirelli 39 perché l’assegnazione si era arenata sui rimpalli delle responsabilità tra Aler, l’organismo che un tempo gestiva in toto le case popolari, ed MM, acronimo di Metropolitana Milanese, il nuovo gestore designato dal Comune di Milano. Nel passaggio di consegne si era verificato il caos contabile, amministrativo ed informatico il cui tristo risultato si tradusse nell’incapacità di assegnare gli alloggi liberi. Ma almeno Giovanna, suo marito e i loro figli erano in dirittura di arrivo. Gloss invece ebbe presentato la domanda in deroga già a gennaio 2014, precisamente il 27. Quindi un paio di mesetti prima di quella di Giovanna. Eppure, allo sportello informazioni, con il numero di protocollo, gli impiegati non riuscivano a risalire alla pratica. Sul PC della funzionaria non era reperibile. Però in bando Gloss risultava in graduatoria alla posizione 661. Nel frattempo la mattinata stava finendo, si trasferiscono tutte e tre di corsa al sindacato dove Giovanna ricevette la promessa di ottenere un elenco di alloggi liberi, elenco con cui tornare in seguito in Pirelli 39 per l’assegnazione. Dal canto suo, Gloss fa mente locale con il loro addetto e si resero conto che la sua domanda in deroga non era stata presa in considerazione dalla Commissione. Eppure le domande in deroga sono valutate in ordine cronologico di protocollo. Forse quella di Gloss fu saltata? Se sì, perché? E, comunque, non si trova? Ci fu il sospetto che esistesse materiale a sufficienza per montare un caso legale del quale l'associazione inquilini si sarebbe fatta volentieri carico.
Nel frattempo, via Social Gloss ricevette la risposta di quell'assessore inalberatosi per il suo report circa il progetto “albergo diffuso”, accusandola di aver riferito «con le solite imprecisioni degli utenti» e che, scrivendogli un’e-mail, le avrebbe fornito tutte le info a riguardo. Le info si rivelarono mero copia incolla dell’elenco degli uffici dei Servizi Sociali. Nulla valse segnalargli di esserci già arrivata autonomamente. Gloss gli chiese privatamente se volesse mantenere fede alla parola data circa «tutte le informazioni a riguardo dell’albergo diffuso». Lesse il messaggio su Facebook. Senza rispondere. A quel punto, Gloss postò il proprio caso sui profili di varie personalità politiche, suscitando discreto trambusto e scompaginandone il blocco. Senza però ottenere risultati.
Determinata a fare chiarezza, Gloss si portò nuovamente agli sportelli di Via Pirelli 39, pronta a passare la nottata pur di ritrovare la propria domanda in deroga. Un’ora e mezza prima dell’apertura ufficiale c’era già coda, agitata dalle scontentezze degli utenti. Serpeggiavano i soliti luoghi comuni:
«Non ci danno la casa solo perché siamo italiani! Hanno gli alloggi ma non li assegnano! Per forza: sono pieni di abusivi che non riescono a far sloggiare! Sono quattro anni che ho fatto la domanda e ancora nessuna risposta! Mi passano davanti gli invalidi, e allora cosa devo fare io per avere la casa: farmi rendere invalida? So di una sfrattata che ha ottenuto la casa in meno di un mese: sarà la solita bustarella!»
E altre amenità via discorrendo, che riempirono Gloss di orrore per l’ignoranza, pure xenofoba, che le generava. Apertura degli uffici, registrazione con documento di riconoscimento alla mano, salì allo sportello e gentilmente chiese conto della pratica. Che miracolosamente stavolta apparse in video! E come mai, soltanto dopo aver protestato con chiunque? Resterà un mistero. Chiedendo se fosse normale di non essere ancora passata in Commissione Assegnazione, l’addetta rispose di sì, perché viene data priorità di assegnazione a chi è in graduatoria per bando. Eppure a Gloss sembrava che le deroghe fossero procedure di emergenza, quindi prioritarie. L’impiegata fa spallucce. Ah spallucce? Va dritta dal solito Funzionario per l’Assessorato alla Casa in via Larga a fargli la stessa domanda. Afferma che sì, se avevano davvero saltato la pratica per la valutazione in Commissione, ci sarebbero stati gli estremi per intentare causa, perché le deroghe sono valutate in ordine cronologico. Prima che Gloss partisse in quarta con un legale, il Funzionario volle approfondire la vicenda. In poche parole, al termine del pellegrinaggio del 29 aprile, Gloss ebbe almeno maturato la certezza che la propria deroga non si fosse smarrita nei meandri dei server comunali. Tra sparizioni e apparizioni, fino a quel momento le era sembrato di essere in uno degli episodi del telefilm: THE TWILIGTH ZONE, in Italia conosciuto come AI CONFINI DELLA REALTÀ. Allo scopo di chiarire le circostanze, ai primi di giugno 2015 il Funzionario per l’Assessorato alla Casa di via Larga mise in contatto Gloss con la Dirigente di via Pirelli 39 della Commissione ERP per l'assegnazione dell'alloggio popolare. Quando Gloss si recò all’appuntamento, iniziò a raccontare. Più progrediva la narrazione del caso, vieppiù questa dottoressa allargava tanto d’occhi. Gloss procedeva con pacatezza, ma chiunque altro al suo posto avrebbe dato in escandescenze. Chi l'aveva preceduta doveva ad un certo punto aver mostrato intenzioni bellicose contro l'ERP. Infatti, la Responsabile, sospettando che anche Gloss l'avrebbe fatto, temendo per la propria incolumità, convocò nel suo ufficio un non ben identificato collega, che mai sorrise, mantenendo il contegno minaccioso di un buttafuori da discoteca. La funzionaria dimostrò con gentile determinazione che la domanda in deroga di Gloss non era stata passata in commissione solo perché, al momento del protocollo, ancora non aveva raggiunto il requisito dei cinque anni di residenza: mancavano ancora due mesi. Però le fece notare che era stata spuntata l’opzione della "emergenza abitativa per gravi problemi di salute", la quale avrebbe consentito alla vicissitudine di Gloss di passare finalmente al vaglio della famigerata commissione. La Responsabile ERP congedò Gloss con la promessa di velocità di tempi. All’alba del 3 luglio 2015, tuttavia,  non era stata ancora emessa  comunicazione di sorta.
PICCOLI PROPRIETARI E PICCOLI AFFITTUARI
Nelle sue peregrinazioni da persona troppo ricca per avere una casa popolare, ma troppo povera per potersi permettere un canone milanese e prima cintura, Gloss fu avvertita dal sindacato inquilini che da pochi giorni era stato attivato apposito canale per affitti concordati tra proprietari e inquilini, sotto l’egida del Comune. Il progetto venne proposto come se diversi piccoli proprietari vi avessero già aderito a fronte di sgravi fiscali, di conseguenza con locazioni basse e alla portata delle tasche di Gloss che chiamò l’Associazione. Una garbata e cortese Signora la invitò ad attivarsi allo scopo di reperire un proprietario, di convincerlo a concedere l’immobile a canone moderato a fronte di futuri sgravi fiscali, a stipulare il contratto con l’assistenza della Associazione, al modico costo annuo di settantacinque euro, sostenuto da ambe le parti. In buona sostanza, l’Associazione la sollecitava a trovare un alloggio, direttamente da proprietario e non da agenzia, a persuaderlo di aspettare il denaro della locazione sotto forma di sgravi fiscali dallo Stato, invece di vederseli corrisposti direttamente dall’inquilino; di fargli regolare la quota associativa, che gli avrebbe dato diritto di redazione del contratto. Gloss, ancora in cerca di soluzione abitativa, si era imbattuta in una sedicente Associazione che avrebbe operato in quanto agenzia, senza esserlo, guadagnando dalle quote associative di locatari e locatori. L’Associazione non aveva immobili a disposizione e si sarebbe avvalsa delle segnalazioni di locatori, senza retribuirne il lavoro. Anzi, chiedendo pure una quota associativa. Si avrebbe potuto supporre quanto le menti ideatrici di cotanto sistema fossero sganciate dalla vita reale. Se Gloss restò salda nella sua signorilità fu solo perché quella Signora si dimostrò gentile.
PERDERSI PER POI RITROVARSI
A metà del mese di luglio 2015, Gloss era ancora in attesa di conoscere le decisioni della commissione ERP circa l’assegnazione di un alloggio popolare, avendo ricevuto conferma che la propria domanda era già stata introdotta in commissione il mese precedente. Si chiedeva cosa potesse fattivamente significare “Assessorato alla Casa”. Non apprestare aiuti concreti per chi la cerca. Nel frattempo, gli uffici ERP erano stati trasferiti da oltre un mese nella nuova sede al numero 14 del Piazzale Cimitero Monumentale. Lì avrebbe dovuto recarsi Gloss per aggiornamenti. Fortuna che possedeva uno smartphone con Google Maps che le tracciasse la strada. Mappe online alla mano, il civico 14 non esisteva.  Sempre la stessa app le fornì i nuovi recapiti telefonici per chiamare l’ERP e farsi spiegare. Innumerevoli squilli fecero da prodromo alla risposta, a conferma della solerzia tipica degli impiegati pubblici. A Gloss si agglomerò un gruppetto di sprovveduti dispersi che la seguirono, per scoprire che il 14 non era apposto sull’edificio. Si sarebbe trattato comunque un edificio del Cimitero, quindi illogico per una mente logica. Figuriamoci per quei malati psichiatrici spesso meritevoli di alloggi popolari. In loco, non furono prodighi di informazioni; pertanto Gloss contattò il Responsabile di Via Larga per avere un appuntamento con la Responsabile ERP, che le diede due indirizzo e-mail, uno proprio, l’altro della Responsabile, perché li potesse rendere edotti degli sviluppi. Nel ringraziarlo della sua zelo, Gloss si permise di sottolineare quanto fosse oggettivamente difficoltoso individuare la nuova sede ERP. Indipendentemente dalle pastoie logistiche, che furono tantissime, in poche parole la Commissione non le conferì l’alloggio popolare perché in famiglia aveva chi avrebbe potuto ospitarla, ovvero madre e fratello. Ma i rapporti tra loro si erano dovuti interrompere da tempo  per gravi incompatibilità di carattere. In fondo, fu un bene, perché Gloss, seppur con sforzi sovrumani, era riuscita a rendersi autonoma in fatto di alloggio, senza dover ricorrere agli enti pubblici e allontanandosi da coloro che la maltrattavano, mamma e fratello, pur rispettandoli. Gloss vorrebbe imitare il Bodhisattva Mai Sprezzante,  inchinandosi con riverenza di fronte a chiunque incontrasse e lodandone l’inerente natura di Budda. Tuttavia ciò provocava come risposta solo violenze e insulti. La soluzione fu di restarne lontana.
Nel gennaio 2018 conobbe quello che divenne suo partner. Insieme determinarono di individuare un alloggio più consono ai propri bisogni comuni, praticando tantissimo e scrivendoli per chiarirsi meglio gli obiettivi, tra i quali un contratto a lungo termine ai fini della residenza; due camere da letto, salone, cucina abitabile, due terrazzi in una bella zona residenziale a metà strada tra la zona commercio e quella sport; comoda con il treno; con un prezzo di locazione pari a un centinaio di euro superiore al monolocale dove Gloss aveva vissuto per tre anni da sola; arredato e piano alto; meglio se la proprietà non avesse vissuto nella stessa località. E, ovviamente, di poter ospitare gli Zadankai. In tre mesi riuscirono a trovarne uno proprio così. La sola deroga fu di non essere a un piano alto. Ci rimasero a vivere tre anni, realizzando qualche Zadankai, pochi invero, in quanto nel frattempo era arrivata la pandemia, obbligando i buddisti ad apprendere l’utilizzo della app Zoom, allo scopo di rispettare il famigerato distanziamento sociale. Di fatto, allontanando dal rapporto cuore a cuore.
Anni addietro, date le disastrose condizioni economico finanziarie, Gloss aveva seguito il consiglio di una compagna di fede iscrivendosi alla graduatoria del personale ATA nelle scuole. Dopo tempi ministeriali nemmeno tanto lunghi, e grazie al covid19, ricevette l’agognata convocazione per un Istituto Tecnico in Bassa Valle, a un’ora di treno dalla cittadina montana. Queste rinnovate esigenze lavorative e i tre anni di viaggi in treno del partner che si recava a lavorare tutte le mattine a ottanta chilometri di distanza, li costrinsero a trovare un nuovo alloggio più vicino alle rispettive sedi professionali. Anche in questa evenienza, tanta pratica per sé, ovvero Daimoku. Tanta pratica per gli altri, cioè Shakubuku con le proprie vite. E non da ultimo, obiettivi chiari e ben descritti (ultimo piano, terrazzo, sotto quel centinaio di euro in più rispetto alla locazione corrente, cucina, sala, camera da letto e bagno) finirono per concretarsi in un alloggio dalle caratteristiche sempre migliori e a un ottimo prezzo. Sole deroghe l’ultimo piano, che divenne un piano alto, e il terrazzo, trasformatosi in due balconcini. Ampiamente compensati dalla presenza di impianto aria condizionata, garage e dall’ubicazione in zona prestigiosa, una delle migliori della città per servizi e animazione e frequentazioni.  Nei quattro mesi di ricerca, su e giù con treni dalle Alpi alla città, si verificarono momenti di sconforto e di fatica, aggravati pure dalle disavventure ospedaliere (POLIPO IN INSALATA CON PATATE), sperduti nel mare grande della città e delle agenzie immobiliari. Legati alle difficoltà di salute della suocera. Anche a quelle di lavoro del figlio Ale. Ma parlarono del loro desiderio di casa a un compagno di fede lì residente e si sentirono sostenuti.
«Come possiamo uscire da quel buio per ritrovare la luce, quella scintilla che ci accompagna nel risentire nuovamente di essere dei Buddha? Ciò che a me ha aiutato moltissimo in alcuni momenti difficili è stato ricorrere al sostegno dei compagni di fede. Questi buoni amici possono rappresentare a volte una vera e propria salvezza. "Proprio nei momenti cruciali, quando sembra non esserci alcuna speranza, è fondamentale il sostegno delle altre persone e un incoraggiamento sincero può aiutare a ritrovare la forza di continuare a lottare e a non arrendersi. A volte è l'unica cosa che riesce a ridare fiducia e la forza di credere ancora di potercela fare nonostante tutto" (Tamotsu Nakajima,NR,443,13).
Proprio nel momento in cui stavano per chiudersi alla possibilità di lasciarsi sostenere, disperati, rallentando e fiaccando tangibilmente un guizzo che avrebbe potuto essere più ameno e fausto grazie a una solidarietà schietta, consentirono alle proprie Buddità di misurarsi e colloquiare con altre. Fortuna avevano lo strumento del Daimoku, che permise loro di far scattare quel “click” e di discorrere con compagni di fede. Provarono a fare spazio, anche solo virtuale in tempi di pandemia, aggiungendo una sedia davanti al loro piccolo tempio. Fecero spazio per far entrare un'altra persona nella loro vita, nei loro cuori che in quel momento credevano di non farcela. E poi accadde. Quel momento tocca tutti e tutte, si impreziosisce di un Daimoku che è a più persone, pieno di speranza che decide di esistere.
"Quando non riusciamo a trovare la speranza è il momento di crearla", dice Sensei. (Antonella D'Oriano, Buddismo e società numero 160, pagina 24)
Questa buddità entrata nelle loro vite appartiene a un poeta conosciuto via Social, rivelatosi poi buddista e che incoraggiò il figlio Ale a praticare, cui Gloss recensì la silloge e successivamente ne sostenne la presentazione in una libreria. Timido e poco propenso a esporsi, sta facendo la propria Rivoluzione Umana anche grazie agli incoraggiamenti di Gloss e FabryBudda. Grato, li ha sostenuti col suo Daimoku nella ricerca di un alloggio nuovo. Allo scadere dei quattro mesi, la vita va loro incontro con la proposta della casa giusta al momento giusto. Va ribadito che il Daimoku non è magia, ma sostegno energetico: esausta dalle imprecisioni che spesso si trasformavano in  trucchetti delle agenzie immobiliare, Gloss si permise di riprendere una di loro che aveva mancato un appuntamento. E fu un bene, perché quello successivo fu il definitivo. Ancora una volta, il Daimoku aveva acceso in Gloss una saggezza mai posseduta prima di allora. Gloss avrebbe potuto lasciar perdere di riprendere l’agente immobiliare, ma Buddismo non significa buonismo. Quando sei moscio, fatti un Gosho, ama scherzare Gloss. E così fecero.
«Quando apriamo il Gosho, gli scritti di Nichiren Daishonin, stiamo “aprendo” la nostra condizione vitale. Se ci troviamo ad un punto morto, leggiamo e studiamo seriamente questi scritti! Studiare il Gosho è fonte di speranza!» (Daisaku Ikeda, 23 gennaio 2021 - Tradotto dal Seikyo Shimbun).


Nel marzo 2021 Gloss e il suo partner stanno affrontando il trasloco con gioia rinnovata e speranza nella ripresa degli Zadankai dal vivo, sostenuti dal Daimoku, così da poter offrire casa a Kosen Rufu. A quei compagni e compagne di Fede della cittadina montana che manifestarono nel corso dei sei anni di co-residenza, il desiderio di trasferirsi in altre località, chi al mare, chi in montagna, chi in città, rimanga questo scritto come incoraggiamento per creare valore ovunque la vita li invii.


mercoledì 14 ottobre 2020

IL CORAGGIO

 “In una battaglia, il generale è l’anima per i soldati e, se il generale si perde di coraggio, i soldati diventeranno codardi” (RSND, 1, 545).

Un proverbio giapponese recita parimenti che, con un generale coraggioso, nessun soldato è codardo. Come suo generale, Gloss nel marzo 2019 si trovava ad aver scelto da quattro anni la Legge Mistica di Causa Effetto, severa, coraggiosa, implacabilmente coraggiosa; saggia, infinitamente saggia. Visti il raggiungimento di obiettivi per Kosen Rufu da una parte e dall’altra  l’ottenimento di prove concrete, prima fra tutte, contro ogni speranza oggettiva, quella di saldare l’impegno in denaro allo scopo di ripagare il debito di gratitudine verso la madre, per la precisione il 22 marzo 2019 alle 18h05 fece voto di dedicare a tempo pieno tutte le proprie energie, psichiche, fisiche, economiche, a essere Bodhisattva della Terra. Raggiunta l’autonomia economica, non dovendo dipendere da uno stipendio e avendo tanto tempo a disposizione, avrebbe proseguito nell’impegno pregresso di andare a trovare le persone che vivono una qualche forma di disagio, approfondendo sempre più la propria fede nella Buddità altrui. Successivamente, in tempi di pandemia, risolse di farlo telefonicamente o via tecnologia, se non di persona coi parenti congiunti.

 

In particolare, capitò subito che, una sera, di rientro col partner dalla vicina città, in procinto di studiare per la preparazione degli esami di 1° livello, esplose una lite tra loro due a causa del figlio di lui, ventenne inoccupato e dal comportamento pigro e impaurito, che li mise - involontariamente o no - uno contro l’altro. Sulla strada per casa, il partner fece dietrofront per tornare sul treno in direzione del figlio. Scocciata e impermalita, Gloss proseguì imperterrita per casa. Ma qui si rese conto che con la testardaggine non avrebbe dimostrato amore per entrambi. Va premesso che erano entrambi preoccupati per il suo stato di Hikikomori*, una sindrome psichiatrica grave che sfocia nel suicidio.

 

Maestra di contro tendenze, determinò di metterne una e tornò sui suoi passi. Insieme al partner, ridiscesero in città per parlare con “loro figlio”. Da se stessa, non si sarebbe aspettata cotanta dedizione per un figlio acquisito. L’impossibile diventa possibile con il Daimoku. Lo praticarono sul treno come se avessero dovuto ricavare acqua dalle sabbie del deserto. 

 

Raggiunto il figlio, lo approcciarono con la giusta serenità. Gloss non sapeva da che parte cominciare e si affidò alla fede. Iniziò dal Jutsu in gemme naturali, commissionato a una buddista di Roma con generiche pietre blu come “la tintura di indaco è più blu dell’indaco stesso” (Offerte nella neve, RSND, 2, 760). La scelta della buddista cadde casualmente su perle in pietra naturale propria del segno zodiacale del figlio. Gloss glielo mostrò, spiegandogli cosa rappresentasse in generale un Jutsu e in particolare quelle perle. Era come se nelle mani di Gloss si trovasse la vita del figlio, il che dimostrava quanto ci tenesse a lui. Invece, nello stile che gli era proprio, il padre fu meno mistico, più concreto,  determinato a suscitare nel figlio responsabilità economica.

 

Sebbene evitasse sguardi e discorsi e dava mostra di concentrarsi su smartphone e televisione, piano piano si aprì una breccia nel muro di gomma di loro figlio e cominciò a dialogare con noi proprio quella sera.

 

Dal quel momento, sbocciò come il meraviglioso fiore di loto che è e che sta imparando ad apprezzare. Sostenuto e incoraggiato in ogni momento della giornata, a distanza da Gloss con il Daimoku, dal padre con la vicinanza fisica, aveva capito di “voler ripagare i debiti di gratitudine" verso suo padre. Anche se in modo inconsapevolmente, si dedicò alla preparazione mangiarini squisiti a pranzo cui non si era mai applicato in precedenza, lo cercò spesso al telefono quando prima non lo faceva, si conduceva in lavanderia per le camicie del padre. Su esempio di Gloss, avviò un diario poetico cui confidava in versi il suo oscuro sentire baudelairiano. Quando ci recammo a recitare Daimoku all’aperto con un altro buddista poeta che, fino a quel momento, era solo un contatto online, trovai un anello in argento rappresentante un’àncora. Suggerii al figlio di farne dono al papà che appartenne alla Marina. Ci accompagnò ad uno Zadankai dove, per la prima volta, si aprì ad altre persone, raccontandosi con energia. Dal 1958 si tiene ogni 16 marzo la Festa della divisione giovani della Soka Gakkai, in commemorazione della grande riunione tenuta dalla divisione giovani con il secondo presidente Josei Toda. In occasione della giornata celebrativa, quell’anno andò con un suo amico al Kaikan «per vedere». Quindi, parlò di Buddismo anche a quell’amico.

 

“Le tempeste del karma possono farci precipitare nella disperazione, ma aprendo gli occhi della fede e “percependo il vero aspetto della realtà” capiamo che abbiamo innato lo stato vitale indistruttibile della Buddità e che, recitando Nam-myoho-renge-kyo, possiamo superare ogni difficoltà e raggiungere una condizione di autentica felicità e soddisfazione.” (BD, 193, lo studio di marzo).

L’impegno, la dedizione agli altri, la perseveranza per la propria vita, la costante preghiera in unione con Sensei premiano.


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