giovedì 5 luglio 2018

LA PACE PARTE DA ME

Nel luglio del 2018, Gloss venne meno al proprio impegno di “rispettare e onorare la madre” (concetti ancora molto cattolici, in verità; si direbbero piuttosto dogmi, nei quali non è insita la motivazione che nel Buddismo si reperisce nella gratitudine), con estrema fatica dato il karma che le legava. Al di là della causa scatenante, (un voucher da spendere per una tratta in tassì a Milano, modesto regalino), ciò che più la ferì fu il mancato ringraziamento. Le sorse allora il dubbio di non essere grata verso la di lei vita, e dunque, in ultima analisi, alla propria. Le apparse impossibile, dati gli sforzi in cui si era prodigata nei due anni precedenti. Avrebbe detto piuttosto che, siccome l'accoppiata “mamma/figlio” cioè fratello, era da prendersi in blocco, (entrambi con disturbi comportamentali, incapaci di crearsi e mantenere amicizie), doveva inchinarsi davanti alle loro buddità, prendendo esempio dal Budda Mai Sprezzante Fukyo,  ma starne lontana per un po' e farli cuocere nel loro brodo caldino. Quando si sarebbero accorti della mancanza delle sue telefonate quotidiane, del suo interessamento costante ai loro eterni problemi, salute, di denaro, di lavoro, di infelicità, l’avrebbero cercata. O forse non funziona così?

 

Non capiva. All’epoca Gloss e sua madre convivevano. Tra le varie e continue scaramucce madre figlia, si era verificato un fattore positivo: Gloss era riuscita a trattenere se stessa da farle qualsiasi forma di violenza psicologica o fisica, nonostante la madre l’avesse di fatto “sequestrata”, nascondendo in petto le chiavi di casa propria. “Allontanando dalla nostra interiorità la violenza che ci soggioga” (A. Perez Esquivel, La forza della speranza, esperia, pag.198), Gloss aveva nutrito la pace che nascesse in sé.

A madre e fratello cercava di dare prova che il bene tornasse sempre indietro. Al fratello fece un piccolo presente disinteressato, come alla mamma, dicendo di averlo sporto con il cuore perché servisse da buon esempio e da propagazione. «Ma come: non ti aspetti niente da me?» le disse stupito il fratello. Al no di Gloss, commentò: «Certo che voi buddisti siete strani forte». Tuttavia il suo viso esprimeva felicità.

 

Non aspettarti la gratitudine se fai del bene era un motto coniato ai tempi in cui aiutò una donna maltrattata a prendersi cura di sé, ricevendo solo minacce e offese. Ancora e sempre valido. Tuttavia, nel frattempo Gloss apprese di essere dominata dall’ego -ismo, -centrismo,  tutti “ismi” che fanno paura. “Se davvero ricerchiamo la sicurezza personale dobbiamo andare oltre il nostro piccolo io dominato dall'egoismo” (D.Ikeda, Adottare l'insegnamento corretto per la pace nel paese, esperia, pag.68).  Determinò che avrebbe trovato il modo di riavvicinarsi a loro, per “parlare della dignità della vita e dell'eguaglianza di tutte le persone” (D.Ikeda, NR, 290, 11), impedendo loro di crogiolarsi nel brodo caldino, perché rifiutava di “abbandonare la capacità di usare il linguaggio” (D.Ikeda, BS, 130, 51). A debita distanza, in quanto "quelli" levavano le mani. E non certo per elargire benedizioni.