lunedì 19 luglio 2021

SCAGLIARE IL PROPRIO CUORE OLTRE I LIMITI

 Esperienza d’amore per sostenere chi non ci crede più




Nel gennaio 2018, Gloss si trovava a esercitare la propria singletudine senza ragnatele da oltre una decina di anni, con dedizione degna dell’innamoramento. Superati i cinquant’anni, non cercava di accoppiarsi in modo più duraturo perché aveva maturato la convinzione che la sua vita le avesse già tanto donato nella sfera degli affetti: due mariti e un figlio ciascuno, una convivenza totalizzante nell’intervallo tra i due. Tutti e tre efficaci circa la crescita personale: il primo, fedifrago proprio durante la gravidanza. Il secondo, picchiatore proprio nel momento del bisogno. Quello fra i due, lo scoprì inadempiente nei confronti dello Stato proprio nel momento in cui avrebbe dovuto vendere la casa. Da tutti aveva tratto grandi lezioni di vita.


Quando si sedeva davanti al Gohonzon, li ringraziava. Gloss non esprimeva il desiderio di incontrare un nuovo partner che la rendesse felice, ma di creare valore con la propria scrittura. Perciò, quando il 26 gennaio si trovò a valutare se subire o meno il fascino dell’uomo verso la sessantina che l’Universo le stava proponendo, decise di muoversi con cautela. Giunse con un’amica con cui condivideva almeno tre passioni - fede, discoteca da rimorchio, letteratura -  all’inaugurazione di un salotto letterario, cui erano state entrambe invitate a partire dalle 21. Convinte di essere in orario, vi trovarono una trentina di individui già presenti. Seduti in circolo, costoro  chiacchieravano bevendo alcolici. Alcuni erano ingrugnati. Come proprio quell’uomo, da cui in seguito scoprirono che per iniziare stavano aspettando solo loro due. Infatti erano tutte e tutti arrivati intorno alle 18:30. 


Gloss  e compagna di fede durante la singletudine avevano allenato assieme lo scanner-cerca-uomo-one-shot, che doveva essere allegro sorridente disponibile giovincello. In assenza di detti parametri, individuarono l’unico papabile nell’aggrondato, ma Gloss si disse che un personaggio così “nero e anziano” non avrebbe fatto per lei, o almeno, non sarebbe stato adatto per una notte soltanto. Tuttavia, durante il momento conviviale del salotto letterario, costui le avvicinò con un largo sorriso, avendo tratto anch’egli la conclusione che le due signore fossero le sole interessanti.


Gloss considerò in quel preciso istante che l’uomo in età avanzata, prima ingrugnato e ora dotato di genuino sorriso, avesse già lottato e vinto numerose battaglie. Ad un’affermazione in buddese, l’uomo chiese loro se praticassero come lui il Nam Myoho Renge Kyo, rivelandosi buddista anch’egli. Gloss stabilì che quella volta non l’avrebbe lasciato all’amica. Tuttavia, mai dare il proprio numero al primo incontro. Si scambiarono Facebook. In una quindicina di giorni lei e l’amica scesero tre volte dalle vette delle Alpi in città, appositamente creando tre occasioni di incontro con il buddista. Gloss li lasciava discorrere tra loro, osservandoli. L’amica esercitava il consueto fascino conquistatore e tantrico. Il buddista discorreva amichevolmente con lei. Amichevolmente e basta.


Prima di partire per un viaggio a Palermo, quell’anno nominata Capitale Europea della Cultura dove Gloss si era prefissata di scovare eventi culturali allo scopo di  promuovere i propri libri, in compagnia di un collega scrittore romano cui aveva recensito l’ultimo romanzo e che era in vena di dimostrarle gratitudine spesandola di tutti i costi del viaggio (benefici della pratica), Gloss scambiò il numero con l’aggrondato buddista che nel frattaim si era rivelato gioioso e capace di trasformare le sofferenze in vittorie. Al suo rientro, costui le propose di uscire a cena, ma stavolta pretese di essere solo con lei. Gloss ne gioì, perché era proprio ciò che aveva finito per desiderare. Il buddista accompagnò Gloss, quasi vegetariana, in spettacolare ristorantino di carne. Ma con lui, Gloss avrebbe derogato su qualsiasi cosa, tranne perdere l’ultimo treno delle 22:15 per rientrare a casa propria. Lui la rassicurò. Quando si sta bene con una persona, il tempo trascorre con la leggerezza di un battito di ali di farfalla. Alle 23 Gloss guardò l’orologio e si accorse che ormai. Punto. Ma lui non si scompose. Dal signore che era, l’avrebbe accompagnata in auto fino a casa. 


All’una di notte passata vuoi non bere il bicchiere della staffa? Guarda caso, sotto casa di Gloss c’era un localino notturno. E fu limone duro. Alle due del mattino vuoi lasciare tornare a casa un uomo affascinante, galante, saggio, intelligente, amante della letteratura, dalla cultura non monotematica, profondo e pure buddista? Guarda caso, era già San Valentino. 


Quindici giorni dopo, avrebbero deciso di convivere, ognuno abbandonando la propria comfort zone: lei la propria singletudine, lui la vita a casa della madre, dopo venticinque anni di matrimonio, di successive relazioni effimere e di impresa individuale fallimentare; e che, se avessero agito in Itahi Doshin, i loro sforzi per Kosen Rufu ne avrebbero guadagnato. Verrebbe da chiedersi se furono affrettati. 


Ma verrebbe anche da considerare che due persone adulte, vittoriose sulle proprie sofferenze, sanno scegliere le migliori azioni per le proprie vite. Verrebbe anche da sottolineare che la pratica per sé e per gli altri velocizza la Rivoluzione Umana. Davanti al Gohonzon, focalizzarono di comune accordo l’incarnazione ideale di coppia, nel bene e nel male, in una realtà dove lo sport più praticato era il tradimento. Fin qui la premessa. O forse per meglio dire, la promessa. Ora esponiamo i fatti.


Chi conosce Gloss, sa quanto sia puntigliosa nell’uso della lingua italiana, a tal punto da essere chiamata sui Social #lamaestrinadellapennarossa, un nodo karmico che sta cercando ancora di sciogliere. Aveva infatti coniato uno dei suoi Forforismi preferiti, “le parole sono coltelli”, che, se usate male, possono ferire più di un’arma. Ebbene, il  gioioso Budda con cui aveva determinato di condividere le propria preziosa vita, si rivelò impreciso, una circonluzione per dire che gli capitava di “dare fiato alle trombe”, senza pensare a ciò che dicesse. Le dichiarò il suo amore, ma l’amore è una parola troppo grande per Gloss da poterla accettare. 

Pur avendo asserito che che lei fosse la sua fidanzata, al telefono con una cliente baccagliante, la definì invece “la sua ragazza”. La sua “ragazza” e non fidanzata? Proprio a colei che gli faceva il filo? Gloss si alterò così tanto da prenderlo a schiaffoni, pur di interrompere quel suo inopinato flusso di coscienza, pentendosene subito dopo. Lei che era da anni contro la violenza e per natura, e per formazione, e per posizione post pestaggio dell’ex, lei che si auto definiva non gelosa, guardò la propria mano come se non le appartenesse. Senza scomporsi, lui affermò che se quelle fossero le intenzioni di lei, se ne sarebbe andato. Gloss gli indicò la porta. Al che lui, come svegliandosi da un incubo, si bloccò, la guardò dritta negli occhi e con fare serio verbalizzò la propria intenzione di starle accanto per aiutarla a trasformare la sua rabbia.


Per la prima volta nella sua vita, lei capì di essere gelosa. Colse il suo comportamento come segnale di disgelo del cuore, d’amore nascente. Si confrontarono determinando insieme di cambiare quei loro aspetti: Gloss avrebbe accolto la libera rappresentazione dei pensieri di lui così come compaiono nella mente, prima di essere riorganizzati logicamente in frasi (solo a James Joyce l’aveva perdonato), lui avrebbe continuato a convivere per far svanire la stizza di lei. Entrambi sapevano che l’uno non avrebbe dovuto diventare il Gohonzon dell’altro, e che quella rivoluzione umana sarebbe potuta realizzarsi con il Daimoku, prendendo la propria vita tra le mani, assieme a Sensei.


In meno di un trimestre, sovvertirono le esistenze di entrambi. Genitori da relazioni precedenti, determinarono di spostarsi dal monolocale di lei ad altro appartamento di dimensioni più consone ad accogliere anche i loro rispettivi figli proprio in una località votata al turismo non residenziale, quindi con proposte immobiliari di taglio ridotto, ovvero monolocali o bilocali. Cristallizzarono nelle proprie agende l'obiettivo composito della loro casa: piano alto, ascensore, comoda ai servizi, due camere da letto, due bagni, soggiorno, cucina abitabile, terrazzi, garage, proprietà non abitante nella medesima località per non trovarsela in casa ad ogni pagamento di locazione, cifra massima, cento euro in più del monolocale. Assieme si dicevano che se è vero che l’impossibile diventa possibile in nome di Kosen Rufu, allora è anche vero che avrebbero trovato una abitazione adatta alla loro allargata famiglia proprio lì, in luoghi tanto somiglianti al Picco dell’Aquila. E così fu, tranne che per i dettagli “piano alto” e “ascensore”, ampiamente compensati dall’ampiezza del parco condominiale.


«Ora, come in un sogno, capisco il cuore del capitolo Torre Preziosa, che dice: “Anche se afferraste il monte Sumeru e lo scagliaste oltre innumerevoli terre del Budda, anche questo non sarebbe difficile [...].Ma se dopo l’estinzione del Budda, in un’era malvagia, predicherete questo Sutra,ciò sarà davvero difficile!» (SDLPE, 253)

Ebbene, quei due Budda gioiosi avevano scagliato il cuore oltre il propri limiti, assieme a Sensei. E avevano vinto.


Firmato 

Stefi Pastori Gloss