martedì 10 dicembre 2019

TRASFORMARE IL VELENO IN MEDICINA

Pochi mesi dopo l’adesione di Gloss al Buddismo di Nichiren Daishonin, accadde un orribile fatto di terrorismo: fu la Parigi del Bataclan*. Proprio in quei giorni, allo Zadankai si parlò di “trasformare il veleno in medicina” e per lei quel motto buddista era incomprensibile alla luce di quella strage.


Com’era possibile accettare tanta cattiveria da parte dell’essere umano nei confronti dei suoi simili, tanto da trasformarla in bontà? Tanto da vedervi in trasparenza un’opportunità per auto-migliorarsi? Quegli atti ignominiosi andavano non solo condannati, ma puniti con la medesima energia (negativa) con la quale erano stati perpetrati. Che parimenti andavano rimossi dai centri di potere quei governanti che li avevano permessi, secondo la sua ingenua ma genuina visione della vita e della storia dell’umanità.


Poi le furono fatti capire due dei concetti portanti del buddismo: che essere buddisti non significa essere buonisti, perché il buddismo apre gli occhi davanti alle ingiustizie, condannandole. Occorre però attuare nel contempo un cambiamento dentro sé in pensieri parole e azioni. E che, prima di arrivare a “influenzare” positivamente coloro che ci governano, occorre partire dal piccolo quotidiano, dalle minuscole contese che ci fanno star male, magari quelle con il vicino di casa o con i propri familiari. In poche parole, da se stessi. Perché poi, una volta risolte le piccole cose, il bene si allarga a macchia d’olio, fino ad arrivare ai “grandi”. E come avviene ciò? Attraverso la rivoluzione umana, ovvero trasformando le negatività, anche quelle personali, cambiando se stessi, cambiando pensieri parole e azioni per Kosen Rufu.


A distanza di quattro anni dal fattaccio di cronaca, la Gloss ne parlò allo Zadankai ad una Simpatizzante Giovane Donna, cercando parole ed esempi semplici come lei. «Se mi scivola dalle mani il porta biscotti in ceramica, per imperizia o disattenzione o rabbia, e si rompe, non do la colpa a qualcosa di esterno a me, che so, ad esempio mia figlia che mi ha distratta. La responsabilità dell’accaduto è comunque mia (cambio i pensieri). Non imprecherò contro nessuno, me stessa o mia figlia (cambio le parole). Metterò l’impegno di uscire di casa per acquistarne uno nuovo, contribuendo così all’economia, perché artigiani trarranno beneficio dal mio acquisto, conservando il posto di lavoro (cambio le azioni). Se do il buon esempio, anche gli altri creeranno circoli virtuosi, cominciando dal loro piccolo. Di piccolo in piccolo arriveremo ai grandi. Da un problema piccolo, si è creata una grande opportunità. Ecco, “trasformare il veleno in medicina” altro non è che vedere nella catena di eventi sfortunati, l’opportunità di auto migliorarsi.» Come ama dire Gloss, nella massima sintesi: “per vincere, occorre trasformare la G di sfiGa in D di sfiDa”. 

“Nessuna vita scorre mai perfetta in realtà, la vita è una serie interminabile di traversie e tribolazioni, e non è esagerato dire che l’essenza della vita è affrontare le difficoltà” (cfr. NRU, 16, 188)


*https://it.wikipedia.org/wiki/Attentati_di_Parigi_del_13_novembre_2015


mercoledì 13 novembre 2019

CENTOMILA MEMBRI FELICI IN ITALIA

Gloss si era da poco trasferita in un’amena località montana, destinazione turistica internazionale, famosa per un’edizione delle Olimpiadi nei primi anni Duemila, stazione sciistica votata allo snowboard d’inverno e al downhill d’estate. Su indicazione dei Responsabili milanesi, sviluppò da subito contatti con la comunità di buddisti locali, ma anche con altre persone non necessariamente ispirate dalla stessa filosofia di vita. Tra queste, ce n’era una che gestiva un negozio di accessori moda sulla via chic dove lei stessa abitava, nel quale si infilava spesso la propria figliola, disabile ma attenta ai rapporti interpersonali e curiosa di tutto ciò che costruisce il look femminile, dagli occhiali ai tacchi. Gestora del negozio da oltre vent’anni, la nuova amica di Gloss rappresentava, per la comunità buddista e non, il gazzettino della cittadina e, secondo il delicato quanto inesorabile principio comune a piccole città e paesi che prevede l’impossibilità di recuperare gli individui già etichettati negativamente, quella gestora restava invisa anche a coloro che avrebbero dovuto fare della compassione in senso buddista il proprio timone di vita. 


Ma alla novella residente le chiacchiere non importavano, sapendo che una forte determinazione trasforma ciò che appare impossibile in possibile. Ne aveva già avuto diverse prove concrete nella propria vita, anche da non buddista. La gestora si confidava spesso con lei, di come si sentisse esclusa da quelle che un tempo riteneva amiche sue, mentre la signora confidava le difficoltà che incontrava nel crescere la figlia disabile, ormai ragazzina, e di come la pratica buddista aiutasse entrambe.


Una mattina, al termine della spesa fatta nel negozio di alimentari posto frontalmente, non trovandosi accontentata negli acquisti di mamma Gloss e piangendo a dirotto perché avrebbe voluto il cioccolato al latte anziché quello fondente, la ragazzina si infilò nel negozio della gestora in cerca di consolazione. Gloss spiegò alla gestora il motivo. Congiungendo le manine, la ragazzina pronunciò NAM MYOHO RENGE KYO e di colpo smise di piangere. La gestora affermò che se davvero funzionava così, avrebbe dovuto provare.


Da quel giorno sono trascorsi tre anni, tante cose sono cambiate nelle singole vite di queste protagoniste, in bene o in male. Il marito della gestora ha rimesso un’attività in proprio, non ricavandone che magri guadagni e grandi debiti. La gestora stessa perse il lavoro che sembrava assolutamente tranquillo e radicato nella realtà ventennale della cittadina. Gloss dal canto suo, alla mancanza di lavoro riusciva a sopperire sempre; risolse con la determinazione di trovare una cura specifica per la figlia con sopraggiunte crisi psicotiche, gli anni di singletudine inveterata cancellati di colpo con l’arrivo di un partner ammirato e stimato da tutti, pure buddista. La gestora nel frattempo, da una parente buddista, riceveva maggiori ragguagli sulla pratica e ripetuti inviti a unirsi al gruppo. Non è chiaro cosa abbia convinto la gestora, se un’azione combinata delle buddiste o le prove concrete di Gloss che progrediva seppur tra mille difficoltà. Probabilmente non fu una singola cosa tra tutte queste, ma la loro felice combinazione, fatto sta che determinò di ricevere il Gohonzon proprio in corrispondenza dell’anniversario della Fondazione Soka.

Sensei scrive: “Per raggiungere un’espansione senza precedenti in questo breve lasso di tempo, occorre raccogliere una grande saggezza. Sono sicuro che state pensando a quante persone avete introdotto al buddismo negli ultimi mesi e non sapete a chi altro parlare di Buddismo. Questo modo di pensare è un ostacolo. Dove si trova l’ostacolo? E’ nella nostra mente. Siamo noi stessi a crearlo. Intorno a noi ci sono tante persone a cui potremmo parlare del Buddismo. Probabilmente non abbiamo ancora avuto l’opportunità di farlo oppure non abbiamo avuto con loro un dialogo approfondito. E’ qui che serve la saggezza, ovvero capire come dialogare per toccare il cuore degli altri” (NRU, 17 185).


Gloss ha bene in mente questo passaggio e mai, mai si è lasciata fermare da menti chiuse, da apparenti muri, da località bigotte. Sa che ogni volta che incontra qualcuno di nuovo, davanti a sé trova un Budda: anche se si tratta di una persona sbagliata, c’è sempre da imparare (magari standone lontani). Ha appreso ad usare il potere del Daimoku che avvicina misticamente le persone distanti. Ha studiato per utilizzare il proprio ego sempre insieme a Sensei, trasformando i propri difetti caratteriali in pregi vittoriosi per la Soka Gakkai, per la gente non buddista, per se stessa.


mercoledì 8 maggio 2019

FELICI INSIEME AGLI ALTRI

Se la seguente esperienza fosse una canzone tra le più famose in Italia, inizierebbe con “Questa è la storia di uno di noi...” ma Gloss non è nata in via Gluck, pur essendo milanese. Ormai ultracinquantenne, declassata a lavapiatti per necessità, (ammesso che chi lavi i piatti svolga attività declassata, ma non è vero: ogni lavoro ha la sua onorabilità), aveva un nobilissimo - e ben remunerato - passato lavorativo da Art Director Pubblicitaria negli anni della “Milano da Bere”, spendibile in veste di docente presso una istituzione scolastica privata, con diverse sedi disseminate sul territorio di una delle città più grandi d'Italia e immediata prima cintura, dedita alla formazione di adolescenti, prevalentemente fannulloni e indisciplinati. Ma si dice che il lavoro sia lavoro e che non bisogni guardare tanto per il sottile. Gloss aveva superato prove ben più difficili nella sua vita che non una masnada di ragazzacci. È da sempre convinta, come Sensei Ikea (BS, 169, 36) che il tesoro più grande sia “piantare i semi della felicità nella vita delle persone”. Vero è che “può sembrare un processo lungo e tortuoso, ma è di fatto l’opera essenziale per riuscire a trasformare il nostro pianeta”.

 

Quando Gloss approccia nuovi ambienti, stringe subito nuove relazioni. Da più fonti, ovvero dalla responsabile del reclutamento personale e da quello orario docenti, dal direttore, dalla sindacalista nonché docente di inglese, con somma compassione, le giunse l’informazione che il suo stipendio sarebbe stato corrisposto soltanto un anno dopo, dovendo l’istituzione il proprio funzionamento all’arrivo di fondi dell’Unione Europea, estremamente lenti. Quando si ha fame e si è sul lastrico, si finisce per accettare condizioni inaccettabili. Il Direttore le ventilò l’ipotesi che negli anni a venire avrebbe potuto occuparsi anche nelle altre sedi della città e prima cintura, vedendosi incrementare impegno lavorativo e relativa remunerazione. Gloss fu posta sotto contratto, in cui si affermava che detta retribuzione sarebbe stata da corrispondere entro novanta giorni dall’inizio dell’attività di docenza. Novanta giorni dopo le fu detto di pazientare, ancora per almeno un anno. Gloss annotò mentalmente quell’alieno “almeno”.

 

Nello scorrere di un anno e mezzo, Gloss chiese a più riprese, di persona, per telefono, via e-mail, l’esecuzione delle obbligazioni proposte e firmate nel contratto dall’istituzione stessa, ricevendo dai responsabili solo risposte evasive, che confidavano sulla sua comprensione, che si trattava di soldi pubblici, di pazientare “almeno due anni”, e via panzanando. L’alieno alienante era riapparso. «Cosa vuol farci, i tempi sono quello che sono», la protagonista finì per accettare un legame con l’istituzione che, poco alla volta, logorò e poi distrusse anche la sua autostima (nonché svariati euro in treno per lavorare gratis, lasciandosi sfuggire vita e dignità).

 

Eppure, nel corso di quell’anno e mezzo, Gloss sostenne non solo gli allievi, che, in effetti si erano rivelati per quelle paventate persone difficili, ma pure incoraggiò una collega di fronte alla indisciplina di una classe. Dopo il successo di attenzione, la collega le ventilò l’ipotesi di un incontro con le scolaresche Alla Scoperta delle Professioni, per la conclusione dell’anno accademico. Non essendosi svolto, Gloss ne chiese ragione. Venne tranquillizzata, sentendosi dire che sarebbe stato previsto per l’anno successivo, sempre con lei come relatrice. Pur manifestando la sua disponibilità, sia per il proseguimento della docenza che per l’evento, nell’anno accademico seguente non venne però più convocata. Aveva già tuttavia notato che la responsabile del reclutamento personale con cui ebbe il primo abboccamento, tutte le volte che la incontrava in treno, si girava dall’altra parte. Evidentemente non reggeva la vergogna. Emisero a suo nome una parcella, senza corrispondere compenso alcuno.

 

A distanza di due anni, Gloss seppe di altri colleghi e colleghe nelle stesse sue condizioni. Ufficiosamente erano in otto a non aver ricevuto il dovuto in quella sola stessa sede dove lavorò, un comportamento indegno da parte di una istituzione di matrice cattolica come la loro. 

 

Oltre alla parcella emessa da loro al posto suo, la protagonista aveva conservato gli screenshot dell’hyperplanning dell’istituzione, riguardante le proprie prestazioni. Conservava perfino le lezioni documentate. Pur restando la gratitudine per l’esperienza svolta presso l’istituzione, aumentò l’amarezza per essere stata raggirata, per non essere state mantenute le promesse di lavoro presso le svariate sedi, a conseguenza della cui proposta ebbe ipotizzato persino di cambiare residenza per avvicinarsi.

 

La minaccia di informare della situazione incresciosa Sindacati, Ispettorato del Lavoro, RAI3, periodici locali e nazionali, Canale5, e Gabibbi vari, divulgando la notizia che abitualmente non pagavano i dipendenti e che, essendo la loro appartenente alle Istituzioni cattoliche, avrebbero suscitato discreto scalpore, produsse l’effetto sperato.

 

L’istituzione corrispose gli emolumenti all’istante.

 

Gloss concluse questa storia edificante - edificante solo perché contiene un rafforzamento all’insegnamento contro le ingiustizie, sempre - mandando a memoria e facendo proprie le affermazioni di un filosofo giapponese che morì in carcere pur di sostenere le proprie convinzioni, Tsunesaburo Makiguchi. Circa il lavoro relativamente alla sua Teoria del Valore, che ne racchiude i tre criteri di bellezza, guadagno e bene, Makiguchi incoraggia a trovarne uno che: “sia piacevole (esprima cioè la bellezza), porti beneficio a chi lo svolge (generi quindi guadagno) e che sia utile alla società (contribuendo così al bene).”