mercoledì 14 ottobre 2020

IL CORAGGIO

 “In una battaglia, il generale è l’anima per i soldati e, se il generale si perde di coraggio, i soldati diventeranno codardi” (RSND, 1, 545).

Un proverbio giapponese recita parimenti che, con un generale coraggioso, nessun soldato è codardo. Come suo generale, Gloss nel marzo 2019 si trovava ad aver scelto da quattro anni la Legge Mistica di Causa Effetto, severa, coraggiosa, implacabilmente coraggiosa; saggia, infinitamente saggia. Visti il raggiungimento di obiettivi per Kosen Rufu da una parte e dall’altra  l’ottenimento di prove concrete, prima fra tutte, contro ogni speranza oggettiva, quella di saldare l’impegno in denaro allo scopo di ripagare il debito di gratitudine verso la madre, per la precisione il 22 marzo 2019 alle 18h05 fece voto di dedicare a tempo pieno tutte le proprie energie, psichiche, fisiche, economiche, a essere Bodhisattva della Terra. Raggiunta l’autonomia economica, non dovendo dipendere da uno stipendio e avendo tanto tempo a disposizione, avrebbe proseguito nell’impegno pregresso di andare a trovare le persone che vivono una qualche forma di disagio, approfondendo sempre più la propria fede nella Buddità altrui. Successivamente, in tempi di pandemia, risolse di farlo telefonicamente o via tecnologia, se non di persona coi parenti congiunti.

 

In particolare, capitò subito che, una sera, di rientro col partner dalla vicina città, in procinto di studiare per la preparazione degli esami di 1° livello, esplose una lite tra loro due a causa del figlio di lui, ventenne inoccupato e dal comportamento pigro e impaurito, che li mise - involontariamente o no - uno contro l’altro. Sulla strada per casa, il partner fece dietrofront per tornare sul treno in direzione del figlio. Scocciata e impermalita, Gloss proseguì imperterrita per casa. Ma qui si rese conto che con la testardaggine non avrebbe dimostrato amore per entrambi. Va premesso che erano entrambi preoccupati per il suo stato di Hikikomori*, una sindrome psichiatrica grave che sfocia nel suicidio.

 

Maestra di contro tendenze, determinò di metterne una e tornò sui suoi passi. Insieme al partner, ridiscesero in città per parlare con “loro figlio”. Da se stessa, non si sarebbe aspettata cotanta dedizione per un figlio acquisito. L’impossibile diventa possibile con il Daimoku. Lo praticarono sul treno come se avessero dovuto ricavare acqua dalle sabbie del deserto. 

 

Raggiunto il figlio, lo approcciarono con la giusta serenità. Gloss non sapeva da che parte cominciare e si affidò alla fede. Iniziò dal Jutsu in gemme naturali, commissionato a una buddista di Roma con generiche pietre blu come “la tintura di indaco è più blu dell’indaco stesso” (Offerte nella neve, RSND, 2, 760). La scelta della buddista cadde casualmente su perle in pietra naturale propria del segno zodiacale del figlio. Gloss glielo mostrò, spiegandogli cosa rappresentasse in generale un Jutsu e in particolare quelle perle. Era come se nelle mani di Gloss si trovasse la vita del figlio, il che dimostrava quanto ci tenesse a lui. Invece, nello stile che gli era proprio, il padre fu meno mistico, più concreto,  determinato a suscitare nel figlio responsabilità economica.

 

Sebbene evitasse sguardi e discorsi e dava mostra di concentrarsi su smartphone e televisione, piano piano si aprì una breccia nel muro di gomma di loro figlio e cominciò a dialogare con noi proprio quella sera.

 

Dal quel momento, sbocciò come il meraviglioso fiore di loto che è e che sta imparando ad apprezzare. Sostenuto e incoraggiato in ogni momento della giornata, a distanza da Gloss con il Daimoku, dal padre con la vicinanza fisica, aveva capito di “voler ripagare i debiti di gratitudine" verso suo padre. Anche se in modo inconsapevolmente, si dedicò alla preparazione mangiarini squisiti a pranzo cui non si era mai applicato in precedenza, lo cercò spesso al telefono quando prima non lo faceva, si conduceva in lavanderia per le camicie del padre. Su esempio di Gloss, avviò un diario poetico cui confidava in versi il suo oscuro sentire baudelairiano. Quando ci recammo a recitare Daimoku all’aperto con un altro buddista poeta che, fino a quel momento, era solo un contatto online, trovai un anello in argento rappresentante un’àncora. Suggerii al figlio di farne dono al papà che appartenne alla Marina. Ci accompagnò ad uno Zadankai dove, per la prima volta, si aprì ad altre persone, raccontandosi con energia. Dal 1958 si tiene ogni 16 marzo la Festa della divisione giovani della Soka Gakkai, in commemorazione della grande riunione tenuta dalla divisione giovani con il secondo presidente Josei Toda. In occasione della giornata celebrativa, quell’anno andò con un suo amico al Kaikan «per vedere». Quindi, parlò di Buddismo anche a quell’amico.

 

“Le tempeste del karma possono farci precipitare nella disperazione, ma aprendo gli occhi della fede e “percependo il vero aspetto della realtà” capiamo che abbiamo innato lo stato vitale indistruttibile della Buddità e che, recitando Nam-myoho-renge-kyo, possiamo superare ogni difficoltà e raggiungere una condizione di autentica felicità e soddisfazione.” (BD, 193, lo studio di marzo).

L’impegno, la dedizione agli altri, la perseveranza per la propria vita, la costante preghiera in unione con Sensei premiano.


* https://www.centro-hikikomori.it/


mercoledì 30 settembre 2020

CONTRO LE INGIUSTIZIE

Come determinato anni fa, avendo la possibilità economica per dedicarsi a tempo pieno all’espansione della cultura, Gloss persegue tutt’oggi l’obiettivo di Creare Valore con la sua scrittura. 

Grata all’Universo e a se stessa di aver ottenuto una modesta autosufficienza finanziaria, consacra tempo denaro energie creattività (con due T) alla redazione di saggi, narrativa e poesie contro la violenza sulle donne, rimarcando la cultura del rispetto, indispensabile per prevenire crimini odiosi e violenti. Anche se tuttavia è consapevole che la Rivoluzione Umana di ciascuno e ciascuna necessiti subire anche atti orrendi cui dover reagire per raggiungere la propria Buddità.


Si è allenata a sfidare la propria innata timidezza per contattare enti, associazioni, sindacati ,luoghi che possano ospitare gli argomenti a lei cari e dare lustro alla missione. Utilizza i Social proprio a questo scopo. Il gestore/scrittore di una pagina addetta alla Cultura e alla sua promozione le propone di fare una diretta Facebook assieme al partner FabryBudda che l’accompagna alla chitarra con alcune improvvisazioni musicali.


Felici e grati di questa opportunità, anche se solo online, hanno aderito, inviandogli parecchi giorni prima del materiale affinché potesse lui stesso promuovere l’evento. Nel pomeriggio, poche ore prima, il personaggio, scrittore a sua volta - e va rimarcato - afferma di non averlo ricevuto. Gloss e FabryBudda per promuovere l’evento si sono fatti bloccare da Facebook per spam, ma tutti i loro amici online e offline erano stati informati. Purtroppo, fidandosi delle competenze tecniche del sedicente promotore culturale, nonché scrittore, di fatto uno sconosciuto, arrivano pronti alla diretta senza che costui si fosse organizzato, né dal punto di vista promozionale, nemmeno da quello tecnico. Non sapeva che la diretta Facebook necessitava compresenza, almeno in video. Ha tuttavia parlato della gravità del problema della violenza sulle donne, sottolineando però di essersene occupato lui nelle sue opere. In buona sostanza, ha approfittato della notorietà della Gloss in questo ambito per auto promuoversi.


“La nuova campagna #10kdialogueforjustice (#10miladialoghiperlagiustizia) è volta a creare un’ondata di 10.000 dialoghi entro il prossimo 18 novembre per diffondere l’importanza degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030. Lo scopo è di propagare nella società il rispetto della dignità della vita, fondamento della pratica buddista e unica strada possibile per realizzare una società pacifica e sostenibile.” (NR, 680).


Gloss è felice per lui, però pratica perché quel personaggio quanto prima raggiunga la sua felicità duratura senza più mezzucci.


martedì 22 settembre 2020

LA VITA MISTERO PREZIOSO

LA VITA MISTERO PREZIOSO 
di Daisaku Ikeda
Le infinite possibilità della vita.
Un film che ha fortemente impressionato Gloss fu E Johnny prese il fucile, che racconta la storia di un giovane soldato gravemente mutilato durante la Prima guerra mondiale. La maggior parte delle persone avrebbe considerato la sua sopravvivenza come una vera sfortuna. A causa di una bomba, infatti, egli aveva perso le braccia e le gambe, la vista, l'udito, l'olfatto e persino la lingua. Sulla sua faccia c'era un buco aperto e praticamente lui non era altro che un pezzo di carne tenuto in vita dai miracoli della medicina. Sebbene lucido di mente, non aveva modo di farlo capire, e all'inizio non era in grado neppure di sapere dove si trovava e in quali condizioni. Era poco più di vegetale. La domanda che il film si poneva era: “Cosa significa essere vivi?”
Il film era tratto dal romanzo omonimo di Dalton Trumbo, che fu pubblicato subito dopo l'inizio della Seconda guerra mondiale. Gloss non sa se si tratti di una storia vera, ma anche se non lo fosse la domanda posta dal film è molto attuale in quanto oggi esistono molte persone tenute in vita allo stato vegetativo grazie ai progressi della scienza medica. Che cos'è un essere umano in queste condizioni? Qual è la sua forza vitale?


Nel film, l'unica percezione sensoriale che il soldato manteneva era quella tattile. Riusciva a sentire quando qualcuno lo toccava, e poteva rispondere muovendo leggermente il tronco. Quando aveva ripreso coscienza non era consapevole del tempo e dello spazio, ma dopo un certo periodo riuscì nuovamente a percepire lo scorrere del tempo sensibilizzandosi ai piccoli cambiamenti di temperatura. Quando la stanza diventava un po' più calda, sapeva che il sole si era levato ed era cominciato un altro giorno. Gradualmente, imparò a capire approssimativamente che ora era.


Ma che esistenza infernale era la sua! Non aveva alcun modo di sapere dove si trovava, non poteva esprimersi, non aveva la benché minima libertà di azione. Come fa la mente a sopportare una simile situazione? Anche se tutti noi dipendiamo costantemente dagli altri, ci piace pensare di essere autosufficienti. Ci piace concepire ogni cosa nell'universo in rapporto a noi. Ci piace cercare di manifestarci in una forma ideale. Ma cosa succede quando il cervello umano è costretto a vivere quasi interamente per se stesso, isolato dal resto del mondo, come nel caso del soldato del film?


Per una persona in una situazione del genere, la vita deve essere simile a una condizione onirica, in quanto le attività sono solamente mentali, proprio come accade in un sogno. Nel film, il soldato oscillava continuamente tra il ricordo e l'immaginazione. All'inizio, poteva solo rispondere passivamente agli stimoli esterni. Quando sentiva il dolore delle ferite immaginava che i topi gli rodessero la carne. In seguito, divenne capace di analizzare gli stimoli esterni con maggiore razionalità. Un giorno ebbe l'intuizione che quello che aveva preso per un topo che si muoveva sul suo petto era in realtà un dito che formava delle lettere. Comprese che le lettere formavano le parole “Buon Natale” e batté ripetutamente la testa contro il cuscino per far capire con l'alfabeto Morse che aveva compreso l'augurio. L'infermiera che gli aveva scritto le parole sul suo petto gli batté leggermente sulla fronte per rispondergli. Il soldato non solo aveva ristabilito un contatto con il mondo, ma, come risulta dal seguito della storia, aveva cominciato una calorosa amicizia.


Privo degli arti, degli organi di senso e della capacità di parlare, il soldato era tuttavia ancora vivo. In profondità dentro di lui il flusso della vita universale continuava a scorrere, e l'energia della sua forza vitale era scaturita per sostenerlo. Avendo trovato un modo per comunicare, cominciò a percepire quali erano le sue condizioni e decise, anche in quello stato semivegetale, di sfruttare al massimo quel poco che era in grado di fare. In questo senso, il film è un potente dramma che narra una storia umana.


In un altro senso,  E Johnny prese il fucile è un monito per i nostri tempi. La civiltà contemporanea è una civiltà meccanizzata, in cui il singolo essere umano tende a diventare nient'altro che l'ingranaggio di una gigantesca società massificata. Gli individui pensano di essere liberi, ma sempre più spesso agiscono soltanto in risposta a un bombardamento propagandistico.  Sentendosi piccoli e impotenti interiormente, non trovano il modo di esprimersi. Parlano di rovesciare il sistema o di opporsi alla società, ma anche questi moti di ribellione di solito sono soltanto passeggeri.


Da un punto di vista più ampio, l'uomo moderno, nella società industriale, somiglia molto al soldato mutilato. Anche se possiede gli arti e gli organi di senso, ha perso il significato della propria identità e della propria autonomia mentale. Sempre più spesso, non riesce neanche a rendersi conto che la sua esistenza è passiva e negativa. Da questo punto di vista, si trova in una condizione peggiore di quella del soldato del film. Perdere la propria identità e non esserne nemmeno coscienti significa perdere il proprio innato valore di esseri umani.


martedì 8 settembre 2020

KARMA UGUALE MISSIONE

Venti minuti di botte prima di morire.

Dopo una giornata di lavoro onesto, Willy Monteiro Duarte esce con gli amici. Nel tornare a casa, assiste a una lite. Il ragazzo preso di mira è un suo ex compagno di classe. Decide di intervenire. Entro pochi minuti, il senso di giustizia gli costerà la vita.

È passato in latenza Willy “agevolato” da un calcio in pieno alla testa prima in piedi, poi a terra, da altri calci e pugni sferrati da professionisti della rissa. Troverete i dettagli nel sito in netnografia, l’unica informazione possibile oggi in Italia.


Gloss fa i nomi per sparare un faro contro gli aggressori, già pluripremiati dalla giustizia italiana -  precedenti per spaccio, per lesioni, per risse notturne: Mario Pincarelli, Francesco Belleggia, Marco e Gabriele Bianchi. Un quinto amico risulta solo indagato. 

Stramazzato Willy sull’asfalto, gli aggressori continuano a colpire duro per venti minuti.

Nonostante le telecamere di sicurezza dei dintorni fossero state disattivate, foto degli aggressori, dato modello e targa del Suv erano state prese dagli astanti. 


Due ore dopo, il gruppo aggressore viene sorpreso a bere una birra e a postare video umoristici su Facebook nel locale di proprietà della famiglia Bianchi. Come se nulla fosse. Come se non avessero appena ammazzato un giovane.


Gloss legge e rilegge queste notizie asciugate e lucide. Legge e rilegge.  Legge e rilegge.  Legge e rilegge. Non riesce più a scrivere. Poi prende uno de I TASCABILI / 04, Esperia, 2011, KARMA, un altro modo per dire missione. Dalla pagina del frontespizio: “Il termine deriva dalla parola sanscrita kàrman, la cui radice kr-, che significa agire, fare, ha dato origine al termine latino e italiano creare”.


Una domanda le sorge subitanea: cosa crei, se sei ammazzano di botte? Diventerebbe inaccettabile il concetto di karma, se Gloss si fermasse alla superficie. Nel caso di Willy, ha seguito due considerazioni distinte e quasi opposte circa il concetto di karma. Quelle relative a Willy e quella agli aggressori.


Com’è inteso da noi occidentali, il karma è sorta di castigo senza possibilità di redenzione attraverso il pentimento. Provenendo da una cultura di tipo cristiano cattolico, il concetto di pentimento può risultare ambiguo. Secondo le scritture buddiste, la miglior causa possibile consiste nel lodare la Legge, mentre la peggiore è offenderla. Offendere la Legge significa prima di tutto offendere la vita. Infliggere una sofferenza agli altri significa porre una causa per la propria sofferenza, quindi per traslazione offendere la propria vita. A meno di riuscire a cambiare il karma, a realizzare la propria rivoluzione interiore, si rischia di restarne invischiati. La rivoluzione interiore passa anche attraverso una rivoluzione del modo di vedere il karma: da fardello che ci si trova di malavoglia a portare, a espediente che abbiamo deciso di utilizzare per sperimentare l’illuminazione in questa esistenza.


Facciamo il caso di Gloss. Un marito picchiatore, una figlia disabile, un carcinoma mammario, una rottura di aneurisma cerebrale. Eppure è ancora qui a parlare di missione, a portare incoraggiamento a coloro che ne sono ancora impaniati. Nichiren Daishonin le ha insegnato come trasformare il suo karma in questa vita. Il Sutra del Loto di cui si fece portavoce racchiude il nucleo essenziale del Buddismo secondo il quale tutte le persone possono conseguire la Buddità e sono degne di rispetto, e bisogna impegnarsi per realizzare la felicità propria e degli altri. In poche parole, si impara anche dalle persone sbagliate e perciò ci si inchina rispettosamente davanti a loro. Non è masochismo. È credere nella trasformazione del karma. Le avversità che si incontrano diventano opportunità per liberarsi del karma negativo e temprare la vita.


Sì, ma Willy è morto. Hai voglia a temprarsi. Ormai è passato in latenza. Cosa potrà mai trasformare ancora? Non è lui a doverlo fare, ma tutti quelli che potranno prendere esempio da lui. Secondo le scritture buddiste, è possibile assumere volontariamente il karma appropriato per adempiere il proprio voto per Kosen Rufu. I Bodhisattva rinascono in questo mondo animati dal desiderio di adempiere il loro voto, mentre le persone comuni nascono nelle circostanze presenti come effetto del loro karma. In particolare, il Sutra del Loto spiega che i Bodhisattva, che hanno accumulato un’immensa fortuna con la pratica buddista nelle vite passate, rinunciamo volontariamente alle ricompense delle loro azioni pure e scelgono invece di nascere di nuovo in questo mondo impuro e pieno di malvagità. Questo perché provano compassione per gli esseri viventi (compassione non in senso cristiano, ma buddista, che consiste cioè nel riconoscere il seme della Buddità in chiunque, anche in chi fa del male) e desiderano salvarli dalla sofferenza, e di conseguenza anche loro incontreranno sofferenze, proprio come le persone comuni che nascono in questo mondo malvagio a causa del loro cattivo karma.


Se si assume questo punto di vista, le avversità incontrate assumono un significato nuovo. Non si considera più questa vita come effetto di cattivo karma, ma come opportunità per adempiere al voto di Bodhisattva di condurre le persone alla felicità. Condividendo le sofferenze degli altri come fossero le nostre, si può mostrare con l’esempio come superarle. Quando trasformiamo il nostro karma in missione, trasformiamo il ruolo che svolge il nostro destino da negativo a positivo. (Il mondo del gosho, Esperia, 2015, pag.461) E in più, per concludere i riferimenti agli insegnamento buddisti, chi passa in latenza è perché ha concluso la sua missione in questa esistenza. 


In poche parole, gli aggressori di Willy sono segnati da un karma negativo che li ha portati a compiere ulteriori nefandezze. La peggiore di tutte è l’offesa alla vita altrui: hanno ucciso un uomo. Che è in definitiva offendere la propria. Condannati, questa volta sì, a rinascere all’infinito per espiare la propria grave colpa.

C’è invece da credere che Willy fosse rinato per porre un buon esempio a tutti e tutte noi: difendere la vita altrui. Forse adesso smetterà di rinascere, per godersi il meritato Nirvana.

Consolatorio? Gloss non saprebbe, ma invita a sperimentare sulla propria pelle un partner picchiatore, una figlia disabile, un cancro, per poi chiedersi se si ha necessità di consolazione. Ma con le proprie forze, non aspettandola dall'esterno.

Un'ulteriore considerazione: Willy è un Bodhisattva, perché intervenuto a difesa altrui. Ma non Bodhisattva della Terra, in quanto non praticante del Buddismo. Se lo fosse stato, avrebbe anche avuto la saggezza di non intervenire fisicamente, ma di tentare la via della conciliazione a tutela della propria Vita Preziosa.

Netnografia: www.tpi.it (ultimo aggiornamento: 8 settembre 2020)

lunedì 15 giugno 2020

Glossario di buddese

COSA CONOSCERE SUBITO terminologia urgente
Itahi Doshin: concetto buddista di unità. Come sottolinea il presidente Ikeda, un’unità di questo tipo nasce quando le persone fanno tesoro dell’insostituibile unicità di ogni individuo, cercando di tirare fuori il meglio da ciascuno.
Gosho: Gli scritti di Nichiren Daishonin (letteralmente “scritti onorabili”)
Kosen-Rufu: Letteralmente significa “dichiarare e diffondere estesamente”. Si rifersice al processo di assicurare una pace duratura e la felicità di tutta l’umanità, stabilendo nella società gli ideali umanistici del Buddismo, prima tra tutti l’assoluto rispetto per la dignità della vita.
Sensei: Maestro. Questo termine viene spesso usato dai membri della SGI riferito a Daisaku Ikeda, presidente della SGI.
Shakubuku: Parlare agli altri del Buddismo di Nichiren Daishonin affinché possano sperimentare nella loro vita i benefici che derivano dalla pratica buddista.
Zadankai: Termine giapponese formato da tre ideogrammi, za, sedersi; dan, dialogare; kai, riunirsi.
Daimoku: Indica la recitazione di Nam-myoho-renge-kyo.


COSE DA CAPIRE MAN MANO
Approfondimenti

Chi è Nichiren Daishonin? Nichiren Daishonin (1222-1282), il fondatore del Buddismo praticato dai membri della Soka Gakkai, è una figura unica nella storia religiosa e sociale del Giappone. Apertamente critico nei confronti del potere costituito e delle scuole buddiste dell’epoca, era anche pieno di calorosa umanità, come mostra il contenuto delle numerose lettere che inviava ai suoi discepoli. Il profondo interesse per la felicità delle persone comuni lo rese un irremovibile oppositore alle tiranniche e spesso corrotte strutture sociali dell’epoca e, in una società feudale basata sull’obbedienza alle autorità, la vita del Daishonin era colma di difficoltà e persecuzioni. Era una vita dedita a propagare un insegnamento che permette a tutte le persone di liberarsi dalla sofferenza e creare le condizioni affinché il principio del rispetto della dignità della vita si affermi come motivazione fondamentale della società. Oggi, la stessa aspirazione anima le attività della SGI e dei suoi membri.

Cos’è la SGI? Acronimo di Soka Gakkai Internazionale, fu fondata nel 1930 in Giappone dai maestri Tsunesaburo Makiguchi e Josei Toda. Ha come obiettivo la realizzazione di Kosen-Rufu, ossia creare una società pacifica che valorizzi ogni persona attraverso la diffusione del Buddismo di Nichiren Daishonin, con lo scopo di contribuire alla pace, alla cultura, all’educazione. A partire dal 1960, con la nomina di Daisaku Ikeda a terzo presidente, la Soka Gakkai ha diffuso il Buddismo in 192 paesi e territori, e oggi conta dodici milioni di membri. In Italia, l’Istituto Buddista  Italiano Soka Gakkai (IBISG) nel 2016 ha realizzato l’intesa con lo Stato. Le attività principali della Soka Gakkai consistono in riunioni di dialogo aperte a tutti (zadankai), durante le quali i partecipanti si scambiano esperienze di vita quotidiana e approfondiscono insieme la visione buddista dell’esistenza. 
Cos'è il daimoku? Daimoku, ovvero Nam-myoho-renge-kyo: mantra buddista per la felicità di se stessi e dell’intera umanità. Si svolge mattina e sera davanti al Gohonzon (vedi nota. n. 18). Nichiren Daishonin, maestro buddista giapponese del XIII secolo, scrive: «A differenza delle epoche precedenti, il Daimoku che ora Nichiren recita nell’Ultimo giorno della Legge è Nam-myoho-renge-kyo per sé e per gli altri» (Gosho Zenshu p. 1022). Sul significato profondo della recitazione del Daimoku scrive il Maestro Daisaku Ikeda: «Nel Buddismo di Nichiren Daishonin ci sono due aspetti del Daimoku: il Daimoku della fede e il Daimoku della pratica. Il primo riguarda l’aspetto spirituale nella nostra pratica e consiste essenzialmente nella battaglia che ha luogo nel nostro cuore per contrastare la nostra convinzione interiore illusa, detta oscurità. È una battaglia contro le forze negative e distruttive interiori per aprire un varco nell’oscurità che avvolge la natura di Budda e far emergere la condizione vitale della Buddità grazie al potere della fede. Il Daimoku della pratica riguarda invece l’azione specifica di recitare Nam-myoho-renge-kyo  e di insegnarlo agli altri, gli sforzi che compiamo, con le parole e con le azioni, per la nostra felicità e per quella degli altri, che sono la dimostrazione tangibile della nostra battaglia interiore contro l’illusione e le negatività interne. Quando recitiamo Nam-myoho-renge-kyo stiamo recitando il nome della natura di Budda che esiste nella nostra vita e in quella degli altri, e al tempo stesso la stiamo risvegliando. […] (D. Ikeda, Il raggiungimento della buddità in questa esistenza, Esperia, Milano, 2008, p. 8-9) Il buddista Soka Gakkai pratica tutti i giorni la cerimonia di Gongyo (traducibile in ‘pratica assidua’), basata su due dei capitoli del Sutra del Loto, il II e il XVI detti, rispettivamente, Hoben (Espedienti) e Juryo (Durata della vita del Tathagata). Con il termine Gongyo si intende, in senso proprio, l’intero rito quotidiano, che comprende la recitazione di Nam-myoho-renge-kyo (la pratica fondamentale) e la lettura dei capitoli Hoben e Juryo del Sutra del Loto (la pratica di sostegno). Essa si svolge mattina e sera davanti al Gohonzon. Nichiren Daishonin scrive: «A differenza delle epoche precedenti, il Daimoku che ora Nichiren recita nell’Ultimo giorno della Legge è Nam-myoho-renge-kyo per sé e per gli altri.» Sul significato profondo della recitazione del Daimoku scrive il Maestro Daisaku Ikeda: «[…] Il rito fondamentale è la recitazione del Daimoku. Ogni praticante può recitare Daimoku in qualsiasi ora del giorno e per quanto tempo vuole, seduto davanti al Gohonzon che ognuno custodisce nella propria casa. È azione saggia ricevere le relative informazioni sul Daimoku (e sul Buddismo in generale) direttamente da chiunque lo pratichi.
Cos'è il Gohonzon? Il Gohonzon - Go-honzon (御本尊, «Oggetto di culto», dalla pronuncia giapponese dei caratteri cinesi 御 go che è un titolo onorifico, e 本尊 hon-zon, cioè oggetto di culto) è un maṇḍala iscritto su di una pergamena redatta in caratteri cinesi e sanscrito. Si tratta dell’oggetto di culto del Buddismo Nichiren, scuola buddista giapponese fondata nel XIII secolo dal monaco buddista Nichiren (日蓮, 1222-1282). Il Buddismo di Nichiren Daishonin è rivoluzionario, perché insegna che tutte le persone sono in grado di manifestare la Buddità nella loro vita e forma presente. Percepire la condizione vitale della Buddità nella nostra vita è la sfida più grande. Il Daishonin creò l’oggetto di culto, il Gohonzon, affinché tutte le persone potessero conseguire la Buddità come egli stesso aveva fatto. Il Gohonzon è la rappresentazione fisica e grafica della Legge fondamentale che permea la vita in ogni sua manifestazione, la sublime realtà cui Shakyamuni si era illuminato. Il Budda rivelò questa Legge nel Sutra del Loto, il cui titolo si traduce in giapponese «Myoho-renge-kyo». Il Budda Nichiren Daishonin vissuto nel XIII secolo giapponese, definì “Nam-myoho-renge-kyo” la “Mistica Legge” descritta nel Sutra del Loto e la rappresentò nel Gohonzon, stabilendo così il mezzo, adatto a tutte le persone, per entrare in contatto con la Legge mistica. In un certo senso, il Gohonzon è una riproduzione dell’infinito potenziale che si trova all’interno della nostra vita e rispecchia le qualità della nostra innata natura di Budda: saggezza, coraggio, compassione e forza vitale. Non rappresenta qualcosa che ci manca e che dobbiamo procurarci da una fonte a noi esterna. Gohonzon può essere dunque tradotto letteralmente come «oggetto di devozione» e coloro che praticano il Buddismo di Nichiren Daishonin hanno in casa una sorta di altare, un vero e proprio mobiletto detto Butsudan (vedi nota n.21), in cui lo custodiscono. La pratica quotidiana, che consiste nel recitare Nam-myoho-renge-kyo e alcune parti del Sutra del Loto di fronte al Gohonzon, è l’atto di riaffermare e riverire la dignità della propria vita e quella degli altri. Riverendo la natura di Budda inerente alla propria vita, così com’è rappresentata nel Gohonzon, chi pratica Nam-myoho-renge-kyo è in grado di manifestare le caratteristiche della Buddità. Nam-myoho-renge-kyo è scritto al centro del Gohonzon con caratteri ben chiari e delineati. Nam, che significa devozione, dedicare la propria vita, rappresenta l’intenzione di richiamare o armonizzarsi con la Legge Mistica, esprime il voto di credere nella nostra Buddità e agire coerentemente a questo voto. Su entrambi i lati di Nam-myoho-renge-kyo vi sono i caratteri che rappresentano le varie tendenze positive e negative della vita stessa. Tutte queste energie inerenti alla vita, armonizzate da Nam-myoho-renge-kyo, rivelano un aspetto illuminato e funzionano per creare valore e felicità. Nel Gohonzon, sotto Nam-myoho-renge-kyo, Nichiren iscrisse il suo nome, a significare che lo stato di Buddità non è un concetto astratto, ma si manifesta nella vita e nel comportamento degli esseri umani. Inoltre, attraverso l’uso della scrittura, il Daishonin manifesta la sua completa aderenza al principio che questo ‘specchio’ della nostra inerente natura di Budda è universale, dunque libero da qualsiasi connotato di genere o di razza, legato a specifici personaggi raffigurati in un dipinto o in una scultura. I caratteri sono disposti nel Gohonzon in modo tale da descrivere una scena del Sutra del Loto conosciuta come la ‘Cerimonia nell’Aria’, durante la quale Shakyamuni rivela l’essenza del Sutra del Loto e affida ai suoi discepoli, i Bodhisattva della Terra, il compito di sostenere e propagare il suo insegnamento per condurre tutte le persone alla felicità. La preoccupazione e gli sforzi per la felicità degli altri sono perciò inerenti alla manifestazione della propria natura di Budda. Il Gohonzon esprime anche il concetto del mutuo possesso dei Dieci Mondi (dieci stati vitali - vedi Netnografia). La Buddità è potenzialmente presente in ogni istante della vita quotidiana di ognuno di noi e non risiede in un qualche essere esterno. Il Gohonzon, insomma, rappresenta sia uno stato vitale in cui il potere inesauribile della Legge Mistica sboccia pienamente, sia un mondo ideale in cui tutte le persone manifestano pienamente il loro potenziale. La chiave, come il Daishonin ha più volte sottolineato, è credere che siamo ‘perfettamente dotati’ e che possiamo rivelare la nostra natura di Budda nella forma presente, dovunque e in qualunque momento. Come dice il Daishonin «Non cercare mai il Gohonzon al di fuori di te.» Ereditando il mandato di Shakyamuni e Nichiren Daishonin, di realizzare un mondo di pace e felicità per tutti gli esseri umani, i membri della Soka Gakkai praticano per manifestare la Buddità nel bel mezzo delle gioie e sofferenze della vita quotidiana, aiutando gli altri a fare lo stesso. In poche parole, chiedete a qualche buddista di vostra conoscenza: vi saprà spiegare più efficacemente. Siamo circondati da buddisti e non lo sappiamo.

Cos'è il Butsudan? Nel Buddismo della Soka Gakkai, trattasi di mobiletto, generalmente in legno, in cui è conservato il Gohonzon. Al centro del Butsudan, riparata e protetta da due piccole ante, è appesa la pergamena in carta di riso che riporta il mantra Nam-myoho-renge-kyo, detta Gohonzon , scritto al centro con caratteri ben chiari e delineati. Come dice il Daishonin “Non cercare mai il Gohonzon al di fuori di te.” Ereditando il mandato di Shakyamuni e Nichiren Daishonin, di realizzare un mondo di pace e felicità per tutti gli esseri umani, i membri della Soka Gakkai praticano per manifestare la Buddità nel bel mezzo delle gioie e sofferenze della vita quotidiana, aiutando gli altri a fare lo stesso. Difatti, se il lettore o la lettrice avesse intenzione di approfondire, farà un favore a sé rivolgendosi direttamente ad un praticante del Sutra del Loto.

Netnografia: https://www.sgi-italia.org ultimo accesso: 11 giugno 2020

lunedì 20 aprile 2020

L'INVERNO SI TRASFORMA SEMPRE IN PRIMAVERA

Siamo ad aprile 2020 in piena pandemia. La Scrittora Gloss si pregia umilmente di riportare un'affermazione di Ikeda: "È interessante notare che il Rinascimento italiano, che risplende nella storia dell’umanità, fu un periodo di “rinascita” e “rigenerazione” che ebbe inizio dopo aver superato la tragedia dell’epidemia di peste che aveva imperversato durante il XIV secolo."È interessante notare che il Rinascimento italiano, che risplende nella storia dell’umanità, fu un periodo di “rinascita” e “rigenerazione” che ebbe inizio dopo aver superato la tragedia dell’epidemia di peste che aveva imperversato durante il XIV secolo." D. Ikeda, Newsletter n.8 del 16 aprile 2020. Questo è uno dei più apprezzabili incoraggiamenti per Gloss (e per tutti e tutte) in quanto il nostro Rinascimento vide letteralmente rinascere le Lettere e la Cultura in generale che iniziò ad aprirsi dai monasteri, dove era stata relegata nei secoli precedenti, all'intero mondo laico. E se è vero che la cultura ci salverà dal gap tra Donne e Uomini, colmandolo di sentimenti come il riconoscimento dell'unità esistente tra loro, allora è un efficace strumento di lotta alle violenze di genere. E una transizione pandemica può solo migliorare tale situazione, volendo trasformare il problema in opportunità. Il questo risiede il significato dell'affermazione "l'inverno si trasforma sempre in primavera". "Quando resistiamo alle difficoltà dell'inverno e trionfiamo su di esse basandoci sulla pratica della Legge Mistica" (cfr. GLI INSEGNAMENTI DELLA SPERANZA, Esperia, pag. 100) "allora possiamo far sbocciare nella nostra vita i brillanti fiori della vittoria.".Equivale a dire che col buddismo non è più importante partecipare, ma vincere.