sabato 26 luglio 2025

Volata sul Picco dell'Aquila. Parte 6

(precedente)  

… e lodarne l’inerente natura di Budda. Tuttavia ciò provocava come risposta solo violenze e insulti. Le affermazioni di Mai Sprezzante (1) mettevano senza dubbio alla prova le loro convinzioni sulla natura della vita di segno negativo, profondamente radicate. Tali reazioni, comunque, non riuscirono mai a smuovere le sue convinzioni: semplicemente egli si ritraeva a distanza di sicurezza e ripeteva l’inchino, onorando il potenziale positivo dei suoi persecutori. Col passare del tempo l’umanità di Mai Sprezzante brillò a tal punto che coloro che lo avevano disprezzato divennero suoi discepoli, e così poterono entrare nel sentiero per ottenere essi stessi l’illuminazione.  

Gloss, da lontana, le sarebbe stata vicina non fisicamente, ma con il Daimoku (2) che abbraccia e coinvolge l’universo nella trasformazione "di veleno in medicina". Come scritto nel precedente post sugli attacchi di panico, si manifestò il Demone del Settimo Cielo (3) “Il re demone del sesto cielo ha mobilitato i suoi dieci eserciti (vedere il link in calce per la spiegazione simbolica dei “dieci eserciti” che rappresentano dieci tipi di impedimenti) e, nel mare delle sofferenze di nascita e morte, è in guerra con il devoto del Sutra del Loto (4) per impedirgli di prendere possesso di questa terra impura in cui vivono santi e persone comuni, e strappargliela del tutto.” «Quanto più profonde sono le radici che sviluppiamo nella società, tanto più numerose sono le difficoltà che sorgono, “facendo a gara per interferire”. Ma è proprio questa la prova della verità del Buddismo di Nichiren Daishonin (5), ed è qualcosa che non si può evitare. Qualsiasi difficoltà si possa manifestare, non abbiamo altra scelta che superarla! (6)»  

Nella vita di Gloss si manifestarono diversi problemi di salute. Le arrivò dapprima un carcinoma alla mammella sinistra. Con la prima radioterapia, aveva iniziato a praticare Daimoku. Guarì. Cinque anni dopo, uno all’ovaio destro. Gloss stette malissimo, giunse a dissanguarsi perché i chirurghi, pur operando svariate volte, non riuscivano a individuare il tumore. Fino a dicembre 2021, in cui acconsentì di subire un’operazione gravosa (tre in una) che si rivelò finalmente risolutiva. Ma non finì lì. Iniziarono a palesarsi gli invalidanti attacchi di panico che sarebbero stati il leitmotiv dei suoi successivi anni, fino ancora a giugno 2025.  

Dopo il plurimo intervento, le fu detto che avrebbe avuto davanti a sé altri pesantissimi dieci anni di follow up, con indagini diagnostiche a rischio di shock anafilattico. Gloss si demoralizzò a tal punto da desiderare la morte.  

«No, tu devi lottare, Stefi. Proprio adesso che ci siamo trovati, non te ne devi andare!» disse il fidanzato Fabrizio.  

Si può e si deve amare un uomo così.  

Allora Gloss, con tanto Daimoku dovunque si trovasse, anche al mattino mentre massaggiava il proprio corpo al risveglio con il quotidiano olio di mandorle, ringraziandolo per il suo sostegno, si attivò per essere presa in carico al CSM (Centro di Salute Mentale) dove l'ottenne immediatamente, a dispetto delle infinite liste di attesa. Dalla miglior psicologa a disposizione.  

«E come hai fatto a saltare le liste di attesa e ad avere la miglior terapista?» le fu chiesto. Era dotata di due “strumenti” fortissimi: Fabrizio e il Daimoku, ovvero la Strategia del Sutra del Loto. In una parola, la saggezza.  

«È il Daimoku che ‘aggiusta’ i pezzi del puzzle. Tutti i buddisti ne fanno esperienza.» Sua madre non lo poté sperimentare, perché aborriva il Gohonzon, chiamandolo "diavolo". Ma al di là dei sentimenti di rivalsa che Gloss riconobbe e che aveva già appreso a trasformare in gratitudine per il dono della vita, ci sono argomenti più preziosi da trattare. Primo fra tutti, il perdono. Anche da cattolica, Gloss aveva sempre affermato che il perdono fosse attinente a Dio, che quindi non avrebbe perdonato sua madre per il trattamento da lei ricevuto. Anche se non più credente in Dio, oggi resta nella convinzione che il perdono sia uno strumento pericoloso, a doppio taglio, perché, in certi casi, lo si dà per sentirsi grandi, a detrimento della propria umiltà. C’è orgoglio anche in questa scelta e con l’orgoglio non si cresce.     

Una volta diventata buddista, le premeva tuttavia dirle di aver perdonato il suo comportamento dannoso, perché negli anni aveva appreso a giudicare non le persone, ma le loro azioni. Nel caso della madre, partendo dal suo comportamento, aveva cercato di capirne le motivazioni non più di testa ma affidandosi al Daimoku. Quel figlio senza grazia (dis-graziato significa proprio “senza grazia divina”) ha tirato fuori dalla madre il peggio, ma anche il meglio, permettendole di esprimere l’immensità del suo amore materno. Incondizionato: merito. Colpevole: demerito. Circa il demerito, un altro mentore di Gloss, Lucio Anneo Seneca, fa delle affermazioni ficcanti.  

Durante gli studi di filosofia, le aveva insegnato che chi è afflitto e mal sopporta una grave ferita ha pur diritto alla comprensione allo scopo di lenire il dolore. Ma se prosegue a lamentarsi anche a ferita guarita, ha da essere rimproverato. Le lacrime, dopo un certo limite, diventano inspiegabili. La lamentela attira pure la sfiga. Rapportandosi al proprio fratello, può dire che per mamma quelle lacrime erano spiegabilissime, che la sfiga è arrivata a lui, mentre alla madre forse le hanno prolungato la vita. A suo padre invece l’hanno ammazzato. Amore materno. Incondizionato: merito. Colpevole: demerito.  

(seguente)  

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(1) Daimoku: recitazione ad alta voce di Nam-myoho-renge-kyo, la Legge Mistica dell’Universo, strumento adatto a tutte le persone per attivare e fondare la propria vita su questa stessa legge, manifestando così nella realtà quotidiana il suo potere di trasformazione. Fonte: Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai https://www.sgi-italia.org/il-buddismo-di-nichiren-daishonin/nam-myoho-renge-kyo/
(3) Demone del Settimo Cielo e i dieci impedimenti: https://biblioteca.sgi-italia.org/rsnd/la-grande-battaglia

(4) Sutra del Loto: https://www.sgi-italia.org/chi-siamo/il-lignaggio/il-sutra-del-loto

(6) non abbiamo altra scelta che superarla!»  (BS 180 - gennaio febbraio 2017, Risposta a un credente, Il Buddismo del sole / Lezione di Daisaku Ikeda sugli scritti di Nichiren Daishonin)

mercoledì 23 luglio 2025

Volata sul Picco dell'Aquila. Parte 5

(precedente)  

... Risposte dei Dogmi (1): ‘Secondo il linguaggio della sacra Scrittura, che si serve di immagini, il peccato originale è stato un atto di disobbedienza a Dio, consistito nel mangiare del frutto dell’albero della scienza e del male. L’uomo volle sostituirsi a Dio, disponendo cippi tra bene e male. Si trattò pertanto di un peccato di superbia. Da allora, ogni violazione nell’ambito delle prescrizioni religiose è un aggiornamento del peccato originale, in quanto disobbedienza a Dio e mancanza di fiducia in lui. Il dramma del peccato consiste nel considerarci più intelligenti di Lui.  

In noi il peccato originale non è un peccato personale. Consiste nell’aver ereditato una natura inclinata al male priva della santità e della giustizia originali. Ai tempi di Adamo ed Eva, si trattò di un peccato commesso. Ai nostri, invece, è un peccato contratto, una natura contaminata ricevuta in eredità, propensa al male. Un esempio: se qualcosa dovesse inquinare la fonte di un fiume, tutto il suo corso successivo sarà costituito da acque compromesse.’  

Eppure.  

Non siamo stati “fatti a Sua immagine e somiglianza’? Chi è curios3 di conoscere le reazioni di Gloss ai dogmi ecclesiastici, leggerà “Effatà”.  

Tornando a sua madre, alle 8 e 38 del 16 agosto 2022 la perdonò con una lettera:  

“Ti scrivo l’ora precisa perché, quando riceverai questa mia, possa riandare con la tua mente al preciso istante e rivedere che stavi facendo. Anche se lontane, siamo sempre state vicine, con cuore e con mente. Magari scoprirai che mi stavi pensando, chiedendoti cosa stessi facendo; magari no.  

Mi piace credere alla prima versione, in quanto figlia che ti ha lasciata nel corpo, ma non nel cuore, che si è sempre sentita vicina a te, nonostante tutto. Non per giustificarmi, ma le storie degli uomini e delle donne di questa Italia mi hanno insegnato che la propria vita va costruita staccando il cordone ombelicale, guadagnando meriti personali agli occhi di Dio o dell’Universo (non importa chi). Guadagnando fiducia ai propri occhi, questo sì che importa.  

Circa la fiducia, ci sarebbe un discorso fondante da fare nella relazione tra me e te. Non amo rivangare il passato, il passato non torna se non è di verdura. È una battuta cretina, ma piace. Riassumendo, posso affermare con cognizione di causa, visto che la vita di cui ti scrivo è la mia, che guardando indietro fino agli anni nella mia infanzia, mi sono sentita messa da parte, non considerata nei meriti né endogeni e né acquisiti.  

Il riconoscimento del valore di un figlio o figlia da parte di un genitore crea nel bambino quella fiducia in sé che io non ho potuto sperimentare nella mia infanzia, lasciandomi incerta, insicura. Ma te ne sono grata, perché la ricerca della tua approvazione mi spinse a crearmi una personalità forte le cui radici affondassero nella cultura, non potendo farlo in te.”  

Nel rileggere la propria lettera, Gloss capisce che se fossero state indirizzate a lei le affermazioni contenute, le avrebbe percepite come tremende. Terrificanti perché vere. Eppure, ancora poche settimane prima del suo passaggio in latenza, sua madre non solo era rimasta indifferente, ma era convinta di non aver nulla da farsi perdonare.  

«Ora la morte è un fiore di speranza» sono stati gli ultimi versi di Radnòti. E anche Gloss si ferma qui per determinare il proposito di scrivere un saggio sulla morte. Che è anche vita. Prenderà spunto da queste riflessioni suddivise in tante parti.  

Nel 2019 il fidanzato Fabrizio e Gloss rinunciarono alle vacanze per assistere la madre di Gloss in ospedale e per festeggiarla nel suo compleanno di leonessa zodiacale. A casa sua, scoprirono documenti bancari a danno della figlia. Eppure, Gloss mise da parte il risentimento, cercò un’assistente sociale che aiutasse sua madre al rientro, e contattò anche la RSA che mamma negli anni aveva indicato come l’unica possibile perché nel suo amato quartiere.  

Nello spendere diverse ore di impegno personale e anche il poco denaro che aveva a disposizione per raggiungere i due obiettivi, Gloss dimenticò che si dà aiuto solo se richiesto. Infatti, mamma non gradì, anzi, quando le furono raccontati i successi raggiunti per lei, cacciò Gloss e il suo fidanzato da casa sua, offesa. Entrambi non reagirono perché era sulla sedia a rotelle. Ma se ne andarono.  

“I santi e i saggi sono messi alla prova dagli insulti” (da Lettera da Sado, RSND, 1, 269).
 

Sarà anche stata ‘santa e saggia’, ma per circa un anno Gloss non dormì, rovinandosi la vita e avviando gli attacchi di panico che la tormenteranno per un paio d’anni. Poi, in una delle occasioni in cui chiamò la madre, sentendosi rispondere di non avere piacere di sentire sue nuove, prese finalmente la decisione, sofferta, di tagliarla via dalla sua esistenza come si fa coi rami secchi. Tuttavia, non voleva essere cinica. Studiò il buddismo per capire se fosse possibile indirizzare la vita verso il suo potenziale positivo e creativo, anche attraverso le difficoltà. Questa questione dovrebbe essere il nocciolo dell’etica e della religione. Il Sutra del Loto, che nel Buddismo di Nichiren Daishonin è l’insegnamento che coglie l’essenza dell’Illuminazione del Budda, ci offre una risposta apparentemente semplice, racchiusa nella storia del Bodhisattva Mai Sprezzante. Si tratta di un bodhisattva vissuto nel lontano passato, la cui pratica era quella di inchinarsi con riverenza di fronte a chiunque incontrasse e lodarne l’inerente natura di Budda…  

(seguente)  

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(1) Dogmi: Dogmi: da Cathopedia, l'enciclopedia cattolica, Gloss ha estratto spunti per un confronto sereno con un sacerdote cattolico della sua parrocchia d’infanzia. https://it.cathopedia.org/wiki/Dogma (ultimo accesso febbraio 2025)

Volata sul Picco dell'Aquila. Parte 4

(precedente)  

… soprattutto quando abbiamo cercato di limitare ciò che è illimitato. Gesù esorta a non preoccuparsi del cibo o dei vestiti, ma di osservare i gigli del campo. Il giglio incarna la Realtà, la accetta pienamente e ne è esso stesso espressione. È completamente "giglio", libero di essere ciò che è, senza aver sacrificato la sua intrinseca Potenza per inseguire il potere esterno.  

Gloss è debitrice di queste riflessioni a Edoardo Camurri e al suo libro ‘Introduzione Alla Realtà’. Il giglio è indifferente alle preoccupazioni mondane. La sua esistenza ricorda quella di un mistico neoplatonico che, come diceva Porfirio, allievo di Plotino, sa che la vita di un sapiente è "sbadata", ovvero non si preoccupa delle piccole cose, ma è concentrata sull'essenza. Meglio essere cretini che troppo intelligenti, si soffre di meno: è uno dei miei motti preferiti, assieme a ‘leggerezza non è superficialità’.  

È anche debitrice alle riflessioni su sua madre a 'Fuochi d’Artificio - ciascuno a suo modo’ (2022) Brè Edizioni.  

‘Luisella voleva essere una ragazzina brava e sentirsi parte di qualcosa di più grande di lei, pertanto vinceva sul proprio tentativo di ribellione. Come a tutte le Giovani Italiane, anche a lei era riservato un futuro da brava massaia e madre di tanti figli e di oro alla Patria. Almeno così le ricordava papà.” (...) (le sue maestre si chiedevano) se fosse giusto mantenere quella ragazzina innocente nella sua inconsapevolezza o informarla che non erano veri fuochi d’artificio non era loro compito. Credevano avrebbe avuto davanti tutta una vita per capire. E per lottare.’ La madre di Gloss ha sempre lottato. Per la figlia, quella volta in cui andò in coma. Per il figlio, dalla nascita, di lui, alla morte, di lei.  

È come se sua madre avesse praticato tutta la vita l’arte del kintsugi (debito di riconoscenza all’amica scrittrice Gabriella Mosso (1) che Gloss chiama affettuosamente ‘Gabriellina’), riparando i cocci del figlio rotto con l’oro del suo amore. Un metodo antico che, con l’utilizzo del metallo prezioso, valorizza la crepa riempiendo la spaccatura con dell’oro. Quello della madre per il figlio Fabio fu amore. Incondizionato: merito. Mamma perdonava ogni intemperanza al fratello di Gloss. Colpevole: demerito. Mamma negli anni fece in modo che il figlio le prosciugasse portafoglio e conto corrente assieme alla propria anima.  

"Quando qualcosa ha subito una ferita e ha una storia, diventa più bella. Talvolta i traumi generano ferite e le ferite generano occasioni", dice Carolina Montuori (2). Ed è vero, almeno nel caso di Gloss
 

 

e di Willy Monteiro Duarte. Nel caso di suo fratello pensa di no. Disoccupato ma soggetto a dipendenze chimiche e alcoliche, nacque con il ‘piede torto' e fu operato prestissimo. L’incidenza di piede torto è pari a circa un bambino ogni settecento nati. Nel 1966, l’anno della sua nascita, la metodica Codivilla era più che consolidata, peccato però la mamma non avesse accettato la sperimentazione di Ponseti. Con questa più recente metodica, forse oggi sarebbe non un disoccupato affetto da neuropatia, ma un uomo normale che lavora normalmente.  

Ma cos’è la normalità? Madre di figlia disabile, Gloss non sa rispondere.  

Qualcuno dice che "esistono ferite inguaribili, che a ogni pretesto ricominciano a sanguinare" (Oriana Fallaci). A suo fratello Fabio, il pretesto lo offriva la madre, che, con il suo radicato sentimento di peccato originale e convinta che il difetto del piede torto fosse conseguenza proprio del peccato originale, nell’inevitabile bivio ha guidato le scelte di Fabio verso il percorso della sofferenza. E della violenza. Amore. Colpevole. Demerito.  

Gloss si è interrogata sul principio del peccato originale nella stesura del citato romanzo ‘Effatà - Hikikomori - atrofizzare i muscoli relazionali’.  

Sue domande: ‘Cos’è il peccato originale? Una forma di responsabilità? O una impurità nella consistenza spirituale dell’anima, come inevitabile conseguenza del peccato? Se è paragonabile a una malattia, come si attacca a un neonato? O forse attraverso il concepimento si trasmettono componenti spirituali che corrompono la grazia di partenza? Come ha fatto il Signore a salvaguardare l’anima di Maria dal peccato? Con l’Immacolata Concezione? Nel senso che non vi fu brama di carnalità per generare nella Madre del Verbo? Solo quella volta o per sempre? Significa che i genitori di Maria non hanno commesso peccato nel concepirla?’  

Risposte dei Dogmi:...  


 

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(1) Gabriella Mosso: ‘Ce la farò’ (2020), ArabAFenice. Su Facebook: Gabriella Mosso, su Instagram: gabriella_mosso . Per inciso, Gloss conosceva già il motto ‘Ce la farò’ grazie a un passaggio da NR 623: ‘Le difficoltà sono dei tesori’ in cui il filosofo svizzero, Carl Hilty, afferma: ‘Ce la farò!’, “breve frase (che) ha un effetto quasi magico ogni volta che affrontiamo una crisi interiore.”  

(2) Carolina Montuori: giovane poeta napoletana, laureata in Filosofia.

martedì 22 luglio 2025

Volata sul Picco dell'Aquila. Parte 3

(continua)  

… aveva insegnato Madre sulla sassaia ghiacciata all’ombra della Guglia Rossa.’  

Mio fratello sta affrontando la Realtà in modo totalmente diverso da me. Siamo fratelli, sangue dello stesso sangue, eppure così diversi. Perché? Io stoica. Lui, violento. Perché così diversi?  

La Realtà si presenta a noi come un'esperienza di stupore che può essere anche inquietante, ma senza che debba temere la propria natura. Immaginiamo questa Realtà come un albero con due rami distinti:  

il ramo positivo. Rappresenta tutto ciò che è allettante, riuscito, colmo di meraviglia, gioia, amore e forza. È il lato costruttivo e armonioso;  

il ramo negativo. Simboleggia un'impotenza che, per affermarsi, si trasforma in potere coercitivo, separazione, oblio, desiderio di controllo, gerarchie e sfruttamento di esseri umani e ambiente.  

Ciò che modella la Realtà può essere paragonato a un bivio inevitabile, la "strada del thâuma" (stupore). Uno dei percorsi porta alla sofferenza, l'altro alla meraviglia. Ogni scelta, ogni momento cruciale si manifesta in questo bivio fondamentale. È in questo passaggio che si decide la forma e la natura del mondo che verrà a crearsi. È in questo passaggio che mio fratello e io ci siamo diversificati. Il passaggio è come un “respiro”. Davanti a un panorama, ci fermiamo a contemplarlo. Respiriamo, tra lo sguardo e la ripresa del cammino. Un “respiro” intermedio.  

Il momento cruciale si trova nel "respiro" intermedio, in quella pausa dove si decide il nostro destino. Il cosmo ci conosce profondamente, ci influenza in ogni aspetto della vita – dalle pagine che leggiamo ai legami con i nostri antenati, fino all'influenza dei batteri nel nostro corpo. Siamo costantemente immersi in questa concretezza; non possiamo nasconderci. Non possiamo rimanere indifferenti gli uni agli altri, perché ciò comporterebbe il suicidio spirituale dell’Umanità. Diventa necessario imparare a completare noi stessi insieme agli altri con il dialogo, da realizzarsi nella triplice direzione: verso il prossimo, verso gli accadimenti storici e verso l'ambiente cosmico che ci circonda. Siamo essere umani fin dalla nascita, ma solo in senso biologico: non siamo disgiunti dagli altri essere viventi, senzienti e non senzienti, dalla storia, dall’universo.  

Siamo noi il punto focale, la misura di tutte le cose. "Il cammello interstellare attraversa sempre la cruna dell'ago che sei" significa che la grandezza dell'universo si manifesta e passa attraverso di noi, per quanto piccoli possiamo sentirci. Ci gettiamo nella nostra stessa vita come nella storia biblica dell'albero della conoscenza del bene e del male. Aver colto quel frutto non fu un gesto di equilibrio, ma un errore di modestia, un non riconoscere la nostra stessa grandezza. L’ho indagato in ‘Effatà - Hikikomori - atrofizzare i muscoli relazionali’(2025) in corso di pubblicazione.  

Siamo diventati esseri spaventati e, di conseguenza, la nostra moralità si è rimpicciolita. La metafisica, intesa come ricerca della verità ultima, si è trasformata in moralismo, versione antipatica della Morale. Qui, la misura che applichiamo alle cose diventa una manifestazione di violenza. C'è violenza ogni volta che manca qualcosa, quando qualcuno subisce una perdita, prova dolore o un'ingiustizia. La violenza del singolo porta alla violenza collettiva, alla guerra. Daisaku Ikeda dichiara: «Noi non abbiamo bisogno del fucile. Ci basta un'unica arma non violenta: il dialogo.» (‘Il giardino dei grandi fiori per il rinascimento’). La violenza non è altro che la sofferenza dovuta alla mancanza di meraviglia, l'assenza di pienezza e totalità, soprattutto quando abbiamo cercato di limitare ciò che è illimitato.  

(continua)

Volata sul Picco dell'Aquila. Parte 2

(precedente)  

… l’ha trasportata in una struttura medica per il lungo recupero che l’aspetta, il pigiama tra i più sfibrati che ha, stretto e stropicciato su un corpo che un tempo vedevo alto e possente e adesso è rimpicciolito e rinseccolito, la borsetta floscia stretta sul petto, scelta tra le più orrende e pure in similpelle per non attrarre ladri d’ospedale, le mani ormai noccolute artigliate sui manici consunti, il naso a becco che vuole volare via dal viso smagrito. Gli occhi strabuzzati, stralunati, impauriti e violenti.  

Pago i barellieri, perché mamma ha fatto in modo che mio fratello le prosciugasse portafoglio e conto corrente assieme alla sua anima. Si rivolge a Fabri: “Cazzo siete venuti a fare?”  

Al risveglio ho scandagliato la Realtà. Siamo noi stessi la Realtà che si interroga su di sé, poiché è solo attraverso l'autoanalisi, l'introspezione e la ricerca di soluzioni per le proprie difficoltà che la Realtà può emergere. Sono processi impegnativi che richiedono coraggio, ma spesso vengono interrotti, ignorati o deviati proprio quando si presentano con urgenza e chiarezza.  

Conosciamo bene questa dinamica: ogni volta che proviamo a riconsiderare radicalmente la nostra vita e a cercare un cambiamento, ci troviamo intrappolati in un vortice di sofferenza, incertezze, diverse possibilità, nuovi propositi e tentativi di fuga. È arduo essere sinceri con noi stessi, distinguere la bontà o meno delle nostre azioni, comprendere le vere motivazioni che le guidano, definire i nostri limiti e la profondità della situazione in cui ci troviamo. L'autocritica si muove costantemente tra la sensazione di prigionia e la possibilità di una rinascita.  

È necessaria una notevole forza interiore per affrontare il rischio di cadere nella prima, con la speranza di raggiungere la seconda. FabriBudda dice sempre: «Guarda dentro il tuo cuore» e l’interpellat3, io per prima, non lo fa.  

Nel mio romanzo 'Effatà - Hikikomori' affronto il tema della Realtà e delle persone a noi ostili: ‘In fondo, la Natura è intrisa di violenza, stuprata da leoni cacciatori e gazzelle loro succubi, fatta di coccodrilli azzannanti e gnu azzannati, di tartarughe neonate in corsa verso il mare prima che un trampoliere le ingoi, di miliardi di spermatozoi nella loro microscopica e spasmodica volata verso l’unico ovulo disponibile. La violenza è vita – o morte, gli aveva insegnato Madre sulla sassaia ghiacciata all’ombra della Guglia Rossa.’  


mercoledì 9 luglio 2025

Mistero di Vita e Morte. Parte 1

Il Picco dell’Aquila (1) è il monte Gridhrakuta, nei pressi di Rajagriha, nell’India centrale, dove si radunò l’assemblea dei discepoli del Budda. Nel tempo, è diventato sinonimo di morte. La morte fa parte della vita. In Occidente non ne parliamo abbastanza, ne abbiamo paura. Tutto ciò che non si conosce fa paura, perché nessuno è tornato indietro a raccontarci l’esperienza. 


Il 1° di luglio 2025 mia madre è mancata. Morta. Dà quasi fastidio questa parola, tra le alternative più dirette e formali di norma si preferisce deceduta, scomparsa, defunta, spirata, trapassata, cara estinta, o qualche metafora, come “volata in cielo”, “ora è in paradiso”, “non è più tra noi”. In "buddese", “volata sul Picco dell’Aquila” o “passata in latenza”. La morte è un fatto imprescindibile del vivere. Accettarlo come una delle quattro fondamentali sofferenze della vita (nascita, malattia, invecchiamento, morte) è il primo passo per crescere in consapevolezza. 


Affronto l’argomento partendo dal vissuto, dalla mia vita. Se è vero che si deve parlare solo di ciò che si conosce, allora si parta da sé stessi. Preparatevi a un viaggio lungo e crudo, appassionante e pieno di sfide, leggero ma non superficiale. Sarà diviso in puntate.


Mi metto a nudo, come suggerisce Stephen King:

“Denuda uno scrittore, indicagli tutte le sue cicatrici e saprà raccontarti la storia di ciascuna di esse (...) Avrai romanzi, non amnesie. Un briciolo di talento è un buon sostegno, se si vuol diventare scrittori, ma l’unico autentico requisito è la capacità di ricordare la storia di ciascuna cicatrice.”


Fin da piccola, il rapporto tra me e mia madre fu conflittuale. La prima ottimista contro ogni aspettativa, la seconda pessimista cosmica. Una, anarchica e libertaria. L’altra, normativa e autoritaria. La prima elastica e affettuosa. La seconda, rigida e anaffettiva. Fisiologiche differenze caratteriali che tra noi due facevano scaturire scintille. Durante l'adolescenza, cercai di liberarmi da quello che consideravo ingiusto giogo fuggendo di casa tre volte, per vedermi puntualmente riaccompagnata al nido materno. Papà era presente, ma demandava a mamma per quieto vivere.


Durante il liceo determinai di costruire un’autonomia economica che potesse rendermi indipendente entro la scuola secondaria. Al quinto anno del Liceo Scientifico, completai in parallelo gli studi dell'Istituto Superiore d'Arte serale, mentre il pomeriggio praticavo in un'Agenzia Pubblicitaria negli "Anni della Milano da Bere". Conseguii un reddito tale che entro i due anni seguenti mi permise di acquistare un appartamento a una cinquantina di chilometri di distanza e di andarci a vivere con lo sposo, pur di allontanarmi da mamma.


Adesso sto attraversando giorni difficili (e va bene, ditemi nella vita quali non lo sono? due giorni dopo il passaggio in latenza di mia madre, alla festicciola con amici stretti per il genetliaco di FabriBuddaeravamo felici, ma tra le pieghe della felicità si nascondono i problemi, come la polvere sotto al tappeto: prima o poi, va spazzata comunque. Anche se “Non c’è tristezza per chi vola sul Picco dell’Aquila”

Cerimonia di commemorazione nazionale del Maestro Daisaku Ikeda). 


“La felicità non si trova da qualche parte distante da noi, è qualcosa che dobbiamo raggiungere per noi stessi grazie alla nostra lotta qui e ora.” (Daisaku Ikeda, ‘Che cos'è la rivoluzione umana’, esperia, pag. 28)


Mia madre Maria Luisa Adelaide Domenica ha sempre rifiutato di fare movimento che invece le avrebbe prevenuta la perdita di calcio dalle ossa; ed è caduta spesso negli ultimi anni, provocando sorprendentemente meno fratture rispetto alla diagnosi. Maria Luisa nel mio romanzo ‘Fuochi d’Artificio’ è diventata Luisella: preferisco ricordarla nella traslazione di un suo ricordo da decenne, a Intra - Verbania dove nacque quasi 93 anni fa, che non nel sogno di stanotte. Le ultime immagini di mia madre da viva sono niellate nelle circonvoluzioni del cervello e si sono riprodotte peggiorate durante un incubo. Gli incubi ci parlano senza filtri.


Il bacino sbriciolato per quella forte pregressa osteoporosi da mancanza di movimento, annegata nella barella dell'ambulanza che dal CTO di Milano l’ha trasportata in una struttura medica per il lungo recupero che l’aspetta, il pigiama tra i più sfibrati che ha , lei sempre così ‘a modino’, stretto e stropicciato su un corpo che un tempo vedevo alto e possente e adesso è rimpicciolito e rinseccolito, la borsetta floscia stretta sul petto, scelta tra le più orrende e pure in similpelle per non attrarre ladri d’ospedale, le mani ormai noccolute artigliate sui manici consunti, il naso a becco che vuole volare via dal viso smagrito. Gli occhi strabuzzati, stralunati, impauriti e violenti. 


Pago i barellieri…

(continua)            



Note
(2) FabriBudda: da anni mi esercito a riconoscere un Budda, ovvero un risvegliato, in ciascun essere vivente. Mi si perdoni se uso questo giocoso (e infantile) espediente.
(3) Daisaku Ikeda (terzo presidente della Soka Gakkai, associazione buddista laica che promuove la pace, la cultura e l'istruzione), rivoluzione umana, esperia: d'ora in poi, tutti i termini buddisti e alcune delle espressioni idiomatiche, definite con rispetto "buddese", saranno reperibili al sito ufficiale della Soka Gakkai Internazionale in versione italiana - https://www.sgi-italia.org/ 

giovedì 12 dicembre 2024

Esperienza nel rapporto con la madre

(precedente)


Siamo all’inizio del terzo millennio. In questo momento storico dovremmo decidere fermamente di eliminare ogni inutile sofferenza da questo pianeta, che è la nostra casa.” (1) 


Gloss fa sue le parole di Sensei (2). Ma si chiede come fare a migliorare “la cooperazione internazionale” quando non si va d’accordo nemmeno col vicino di casa. Nemmeno con la propria madre.

Gloss, però, oggi è felice. 

Intanto, grazie al Daimoku Gloss ha individuato il momento d’inizio della conflittualità nel rapporto con sua madre, da quando cioè a un anno e mezzo accolse il neonato fratellino Fabio rovesciandogli la carrozzina. Gloss non ricorda bene. Ma le sono presenti le conseguenze pesanti che le fece patire la madre fino al cinquantesimo anno di età, quando conobbe il buddismo Soka. Questi 50 anni in poche parole stringate la vedono bimba elastica e affettuosa. La madre, rigida e anaffettiva. 

Entrambe poco sagge per l’estremismo delle rispettive posizioni. 

Durante l’adolescenza, Gloss tentò di liberarsi da quello che considerava ingiusto giogo fuggendo di casa tre volte, per vedersi riaccompagnata al nido materno, sinonimo di galera e repressione di talenti. Percepì nettamente di essere odiata dalla madre. Volle allontanarsi al più presto.

Determinò allora di costruire un’autonomia economica che potesse renderla indipendente. Al quinto anno terminava in parallelo l’Istituto Superiore d’Arte serale e il Liceo Scientifico, mentre il pomeriggio praticava già in un’Agenzia Pubblicitaria negli Anni della Milano da Bere. Conseguì un reddito tale che, entro ventiquattro mesi le consentì di acquistare un appartamento a una cinquantina di chilometri di distanza dalla madre. Ci andò ad abitare.

Tuttavia, il rapporto non migliorò. Nei trent’anni successivi peggiorò. L’allontanamento geografico da Milano a Bergamo, a Torino, a Bardonecchia sul confine con la Francia fu direttamente proporzionale all’incremento delle incomprensioni e delle battaglie. 

La fuga non risolve. 

Poi a cinquant’anni divenne buddista. Al primo Zadankai la teoria che i genitori fossero scelti dai figli le causò uno shock terribile. Fino a quel momento, era riuscita a evitare di morire giovane nella convinzione che i genitori non si potessero scegliere, almeno non una madre odiosa che la odiasse. Per Gloss accogliere la teoria che sono i figli a selezionare i genitori diventò una sfida. Essendo da anni una guida pratica per le donne maltrattate sulla via dell’auto salvezza, comprese di avere avuto vite precedenti in cui era già stata Bodhisattva della Terra e che, invece del Nirvana, aveva scelto di tornare in questo mondo di sofferenza per illuminare sempre più gli altri e sé stessa, sulla base di un voto preciso.  

“Per quanto infiniti siano gli esseri senzienti, pronuncio il voto di salvarli dalla sofferenza”, formulato su 4 principi:

“1) salvare innumerevoli esseri viventi, ovvero condurre tutte le persone alla Buddità, liberandole dalla sofferenza di nascita e morte; 

2) sradicare innumerevoli desideri e illusioni, ovvero vincere contro le nostre debolezze e trasformare il veleno in medicina;

3) conoscere un infinito numero di insegnamenti buddisti; ciò consente di non diventare mai arroganti, continuando a ricercare la strada corretta e il proprio miglioramento personale;

4) conseguire la Buddità, seguendo la propria missione.” (3)


“Tutti i membri della Soka Gakkai lo pronunciano mattina e sera durante la recitazione del capitolo “Durata della vita” (Juryo) del Sutra del Loto: « Mai ji sa ze nen, I ga ryo shujo. Toku nyu mu-jo-do. Soku joju busshin » (“Questo è il mio pensiero costante: come posso far sì che tutti gli esseri viventi accedano alla Via suprema e acquisiscano rapidamente il corpo di Budda?”) (4)


Gloss, che aveva già imparato ad affidarsi alla Legge Mistica, si sfidò di capire, con la testa, con il cuore, con fede, pratica e studio - i tre pilastri del buddismo, allo scopo di pervenire a una soluzione circa il rapporto con la madre. 


Ascoltando le esperienze di compagni e compagne di fede, leggendo in particolare i Gosho  

“I quattro debiti di gratitudine” e “L’offerta della torta di fango”, ha imparato che gratitudine è la parola chiave. Nel frattempo, Gloss ha superato una rottura di aneurisma cerebrale seguita da coma, un carcinoma mammario, uno ovarico. Non c’è cosa migliore delle sofferenze per crescere nella compassione in senso buddista, cioè riconoscendo la buddità altrui. 

Con tanto Daimoku, mattina, sera, camminando, guidando, in treno, percepì col cuore di aver scelto una madre prevaricatrice e abusante psicologica che l’aveva educata a superare le frustrazioni di nascita, malattia, invecchiamento, morte. Una Budda inconsapevole. 


Al momento, avrebbe dovuto superare l’avversione contro di lei, percependo riunite la madre e sé stessa in Itahi Doshin, allo scopo di fare Shakubuku con la vita alla madre stessa, che la vedeva innamorata del buddismo, e a coloro che avrebbero patito nelle relazioni familiari.

Arrivò l’occasione di  mettere una controtendenza. 


La madre ormai ultra ottantenne cadde, fratturandosi malamente un braccio. Subì un intervento gravoso durante il quale il chirurgo le inserì nel gomito un ferro fissato con sette chiodi, la sua normale routine quotidiana dichiarata recuperabile in non meno di tre mesi. Una volta dimessa e rientrata a casa sua, Gloss vide la madre, una donna lucidissimamente impietosa persino contro le proprie défaillances, dimenticare i rubinetti aperti. Manifestò cedimento. Gloss prefissò l’obiettivo di guarigione della madre non nei tre mesi pronosticati, ma in una quindicina di giorni.


Con il ruggito del re leone e a bocca chiusa per rispetto della madre cattolica praticante, Gloss recitò Daimoku e mise da parte l’orgoglio. Non avendo ancora ricevuto il Gohonzon (perché all’epoca abitava a casa della madre che, parlando dell’oggetto di culto, aveva affermato con vigore: « quel diavolo lì a casa mia non entra! »), Gloss cantava Gongyo nel Sangha davanti ai Gohonzon altrui. 

Con l’attivazione del Daimoku, Gloss trasformò la repulsione in compassione. Gloss insegnò alla madre esercizi riabilitativi destinati al recupero funzionale dei giocatori di calcio. La madre riuscì a riprendere la propria funzionalità quotidiana in quell’obiettivo dei quindici giorni, tanto da farne strabiliare il chirurgo che l’aveva operata. 


Magia? No. Attivazione delle funzioni protettrici della vita, che risiedono nella saggezza dell’individuo stesso e che vengono “richiamati” dal Daimoku. Gloss è felice di quella felicità effimera, che può durare un giorno, un’ora. O per sempre. La felicità effimera si trasforma in Felicità Duratura quando il proprio stato vitale non rimane in preda agli eventi. Si ottiene con la pratica del Daimoku. Anche se tutto sembra andare storto, “pratica pratica pratica”. Nonostante la prova concreta, la madre di Gloss ha proseguito nelle persecuzioni rivolte alla figlia. A Gloss sembrò che il Daimoku non trasformasse sua madre, (infatti così è) però non ha mai desistito, perché in altre occasioni aveva avuto prova che funzionasse anche a distanza. 

Continuò a lodarla nel suo Daimoku per le sofferenze che le aveva inflitto e che però l’avevano anche preparata a essere la donna forte dell’oggi. Se la madre si stupiva della sua innamorata adesione al buddismo, Gloss le rispondeva che quando si coglie la felicità per sé stessi e per l’intera umanità insita nella pratica, vi si aderisce con gioia e soprattutto la si propaga. Proprio come tra innamorati. La madre le chiese se funzionasse di più l’Ave Maria o il Nam-Myoho-Renge-Kyo. Gloss rispose di non sapere come funzionasse il Rosario, perché lei stessa l’aveva provato non ricevendo benefici pratici nella vita, ma dal Daimoku sì: prove concrete ogni volta che prefissava un obiettivo per sé nella visione prospettica di farlo anche per la felicità altrui. 

La mamma le chiese di scrivere il Daimoku su un pezzetto di carta. Lo pronunciò. A distanza di anni e di 250 chilometri, di una rottura del femore, di un ladrocinio da parte del fratello nei confronti della madre, di continue richieste di denaro di entrambi, di scoperta dei danni economici subiti da loro, di una lettera in cui Gloss diceva di perdonarli chiedendosi chi fosse lei per decidere della felicità altrui, ecco la trasformazione della madre. Riconobbe di essere stata anaffettiva. Gloss aveva comunque raggiunto uno stato di Felicità Duratura attraverso la trasformazione della sofferenza col Daimoku.


Note

(1) cit. “Una prospettiva di pace”, Daisaku Ikeda

https://www.sgi-italia.org/una-prospettiva-di-pace/?kw=felicit%C3%A0%20duratura


(2) Daimoku: d’ora in poi, tutti i termini buddisti e le espressioni idiomatiche, definite con rispetto “buddese” potranno essere reperibili al sito ufficiale della Soka Gakkai Internazionale in versione italiana - Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai https://www.sgi-italia.org/

(3)  (cfr. DB, ed. 2006, 643)

(4) Cit. La comunità buddista - il Sangha | Soka Gakkai https://www.sgi-italia.org/la-comunita-buddista-il-sangha/?kw=come%20il%20buddismo%20definisce%20con%20una%20parola%20il%20%22mondo%20di%20sofferenza%22  - ultimo accesso 111 dicembre 2024


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