martedì 22 settembre 2020

LA VITA MISTERO PREZIOSO

LA VITA MISTERO PREZIOSO 
di Daisaku Ikeda
Le infinite possibilità della vita.
Un film che ha fortemente impressionato Gloss fu E Johnny prese il fucile, che racconta la storia di un giovane soldato gravemente mutilato durante la Prima guerra mondiale. La maggior parte delle persone avrebbe considerato la sua sopravvivenza come una vera sfortuna. A causa di una bomba, infatti, egli aveva perso le braccia e le gambe, la vista, l'udito, l'olfatto e persino la lingua. Sulla sua faccia c'era un buco aperto e praticamente lui non era altro che un pezzo di carne tenuto in vita dai miracoli della medicina. Sebbene lucido di mente, non aveva modo di farlo capire, e all'inizio non era in grado neppure di sapere dove si trovava e in quali condizioni. Era poco più di vegetale. La domanda che il film si poneva era: “Cosa significa essere vivi?”
Il film era tratto dal romanzo omonimo di Dalton Trumbo, che fu pubblicato subito dopo l'inizio della Seconda guerra mondiale. Gloss non sa se si tratti di una storia vera, ma anche se non lo fosse la domanda posta dal film è molto attuale in quanto oggi esistono molte persone tenute in vita allo stato vegetativo grazie ai progressi della scienza medica. Che cos'è un essere umano in queste condizioni? Qual è la sua forza vitale?


Nel film, l'unica percezione sensoriale che il soldato manteneva era quella tattile. Riusciva a sentire quando qualcuno lo toccava, e poteva rispondere muovendo leggermente il tronco. Quando aveva ripreso coscienza non era consapevole del tempo e dello spazio, ma dopo un certo periodo riuscì nuovamente a percepire lo scorrere del tempo sensibilizzandosi ai piccoli cambiamenti di temperatura. Quando la stanza diventava un po' più calda, sapeva che il sole si era levato ed era cominciato un altro giorno. Gradualmente, imparò a capire approssimativamente che ora era.


Ma che esistenza infernale era la sua! Non aveva alcun modo di sapere dove si trovava, non poteva esprimersi, non aveva la benché minima libertà di azione. Come fa la mente a sopportare una simile situazione? Anche se tutti noi dipendiamo costantemente dagli altri, ci piace pensare di essere autosufficienti. Ci piace concepire ogni cosa nell'universo in rapporto a noi. Ci piace cercare di manifestarci in una forma ideale. Ma cosa succede quando il cervello umano è costretto a vivere quasi interamente per se stesso, isolato dal resto del mondo, come nel caso del soldato del film?


Per una persona in una situazione del genere, la vita deve essere simile a una condizione onirica, in quanto le attività sono solamente mentali, proprio come accade in un sogno. Nel film, il soldato oscillava continuamente tra il ricordo e l'immaginazione. All'inizio, poteva solo rispondere passivamente agli stimoli esterni. Quando sentiva il dolore delle ferite immaginava che i topi gli rodessero la carne. In seguito, divenne capace di analizzare gli stimoli esterni con maggiore razionalità. Un giorno ebbe l'intuizione che quello che aveva preso per un topo che si muoveva sul suo petto era in realtà un dito che formava delle lettere. Comprese che le lettere formavano le parole “Buon Natale” e batté ripetutamente la testa contro il cuscino per far capire con l'alfabeto Morse che aveva compreso l'augurio. L'infermiera che gli aveva scritto le parole sul suo petto gli batté leggermente sulla fronte per rispondergli. Il soldato non solo aveva ristabilito un contatto con il mondo, ma, come risulta dal seguito della storia, aveva cominciato una calorosa amicizia.


Privo degli arti, degli organi di senso e della capacità di parlare, il soldato era tuttavia ancora vivo. In profondità dentro di lui il flusso della vita universale continuava a scorrere, e l'energia della sua forza vitale era scaturita per sostenerlo. Avendo trovato un modo per comunicare, cominciò a percepire quali erano le sue condizioni e decise, anche in quello stato semivegetale, di sfruttare al massimo quel poco che era in grado di fare. In questo senso, il film è un potente dramma che narra una storia umana.


In un altro senso,  E Johnny prese il fucile è un monito per i nostri tempi. La civiltà contemporanea è una civiltà meccanizzata, in cui il singolo essere umano tende a diventare nient'altro che l'ingranaggio di una gigantesca società massificata. Gli individui pensano di essere liberi, ma sempre più spesso agiscono soltanto in risposta a un bombardamento propagandistico.  Sentendosi piccoli e impotenti interiormente, non trovano il modo di esprimersi. Parlano di rovesciare il sistema o di opporsi alla società, ma anche questi moti di ribellione di solito sono soltanto passeggeri.


Da un punto di vista più ampio, l'uomo moderno, nella società industriale, somiglia molto al soldato mutilato. Anche se possiede gli arti e gli organi di senso, ha perso il significato della propria identità e della propria autonomia mentale. Sempre più spesso, non riesce neanche a rendersi conto che la sua esistenza è passiva e negativa. Da questo punto di vista, si trova in una condizione peggiore di quella del soldato del film. Perdere la propria identità e non esserne nemmeno coscienti significa perdere il proprio innato valore di esseri umani.


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