Gloss si era da poco trasferita in un’amena località montana, destinazione turistica internazionale, famosa per un’edizione delle Olimpiadi nei primi anni Duemila, stazione sciistica votata allo snowboard d’inverno e al downhill d’estate. Su indicazione dei Responsabili milanesi, sviluppò da subito contatti con la comunità di buddisti locali, ma anche con altre persone non necessariamente ispirate dalla stessa filosofia di vita. Tra queste, ce n’era una che gestiva un negozio di accessori moda sulla via chic dove lei stessa abitava, nel quale si infilava spesso la propria figliola, disabile ma attenta ai rapporti interpersonali e curiosa di tutto ciò che costruisce il look femminile, dagli occhiali ai tacchi. Gestora del negozio da oltre vent’anni, la nuova amica di Gloss rappresentava, per la comunità buddista e non, il gazzettino della cittadina e, secondo il delicato quanto inesorabile principio comune a piccole città e paesi che prevede l’impossibilità di recuperare gli individui già etichettati negativamente, quella gestora restava invisa anche a coloro che avrebbero dovuto fare della compassione in senso buddista il proprio timone di vita.
Ma alla novella residente le chiacchiere non importavano, sapendo che una forte determinazione trasforma ciò che appare impossibile in possibile. Ne aveva già avuto diverse prove concrete nella propria vita, anche da non buddista. La gestora si confidava spesso con lei, di come si sentisse esclusa da quelle che un tempo riteneva amiche sue, mentre la signora confidava le difficoltà che incontrava nel crescere la figlia disabile, ormai ragazzina, e di come la pratica buddista aiutasse entrambe.
Una mattina, al termine della spesa fatta nel negozio di alimentari posto frontalmente, non trovandosi accontentata negli acquisti di mamma Gloss e piangendo a dirotto perché avrebbe voluto il cioccolato al latte anziché quello fondente, la ragazzina si infilò nel negozio della gestora in cerca di consolazione. Gloss spiegò alla gestora il motivo. Congiungendo le manine, la ragazzina pronunciò NAM MYOHO RENGE KYO e di colpo smise di piangere. La gestora affermò che se davvero funzionava così, avrebbe dovuto provare.
Da quel giorno sono trascorsi tre anni, tante cose sono cambiate nelle singole vite di queste protagoniste, in bene o in male. Il marito della gestora ha rimesso un’attività in proprio, non ricavandone che magri guadagni e grandi debiti. La gestora stessa perse il lavoro che sembrava assolutamente tranquillo e radicato nella realtà ventennale della cittadina. Gloss dal canto suo, alla mancanza di lavoro riusciva a sopperire sempre; risolse con la determinazione di trovare una cura specifica per la figlia con sopraggiunte crisi psicotiche, gli anni di singletudine inveterata cancellati di colpo con l’arrivo di un partner ammirato e stimato da tutti, pure buddista. La gestora nel frattempo, da una parente buddista, riceveva maggiori ragguagli sulla pratica e ripetuti inviti a unirsi al gruppo. Non è chiaro cosa abbia convinto la gestora, se un’azione combinata delle buddiste o le prove concrete di Gloss che progrediva seppur tra mille difficoltà. Probabilmente non fu una singola cosa tra tutte queste, ma la loro felice combinazione, fatto sta che determinò di ricevere il Gohonzon proprio in corrispondenza dell’anniversario della Fondazione Soka.
Sensei scrive: “Per raggiungere un’espansione senza precedenti in questo breve lasso di tempo, occorre raccogliere una grande saggezza. Sono sicuro che state pensando a quante persone avete introdotto al buddismo negli ultimi mesi e non sapete a chi altro parlare di Buddismo. Questo modo di pensare è un ostacolo. Dove si trova l’ostacolo? E’ nella nostra mente. Siamo noi stessi a crearlo. Intorno a noi ci sono tante persone a cui potremmo parlare del Buddismo. Probabilmente non abbiamo ancora avuto l’opportunità di farlo oppure non abbiamo avuto con loro un dialogo approfondito. E’ qui che serve la saggezza, ovvero capire come dialogare per toccare il cuore degli altri” (NRU, 17 185).
Gloss ha bene in mente questo passaggio e mai, mai si è lasciata fermare da menti chiuse, da apparenti muri, da località bigotte. Sa che ogni volta che incontra qualcuno di nuovo, davanti a sé trova un Budda: anche se si tratta di una persona sbagliata, c’è sempre da imparare (magari standone lontani). Ha appreso ad usare il potere del Daimoku che avvicina misticamente le persone distanti. Ha studiato per utilizzare il proprio ego sempre insieme a Sensei, trasformando i propri difetti caratteriali in pregi vittoriosi per la Soka Gakkai, per la gente non buddista, per se stessa.
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