giovedì 12 dicembre 2024

Esperienza nel rapporto con la madre di Stefi Pastori Gloss


Siamo all’inizio del terzo millennio. In questo momento storico dovremmo decidere fermamente di eliminare ogni inutile sofferenza da questo pianeta, che è la nostra casa.” (1) 


Gloss fa sue le parole di Sensei (2). Ma si chiede come fare a migliorare “la cooperazione internazionale” quando non si va d’accordo nemmeno col vicino di casa. Nemmeno con la propria madre.

Gloss, però, oggi è felice. 

Intanto, grazie al Daimoku Gloss ha individuato il momento d’inizio della conflittualità nel rapporto con sua madre, da quando cioè a un anno e mezzo accolse il neonato fratellino Fabio rovesciandogli la carrozzina. Gloss non ricorda bene. Ma le sono presenti le conseguenze pesanti che le fece patire la madre fino al cinquantesimo anno di età, quando conobbe il buddismo Soka. Questi 50 anni in poche parole stringate la vedono bimba elastica e affettuosa. La madre, rigida e anaffettiva. 

Entrambe poco sagge per l’estremismo delle rispettive posizioni. 

Durante l’adolescenza, Gloss tentò di liberarsi da quello che considerava ingiusto giogo fuggendo di casa tre volte, per vedersi riaccompagnata al nido materno, sinonimo di galera e repressione di talenti. Percepì nettamente di essere odiata dalla madre. Volle allontanarsi al più presto.

Determinò allora di costruire un’autonomia economica che potesse renderla indipendente. Al quinto anno terminava in parallelo l’Istituto Superiore d’Arte serale e il Liceo Scientifico, mentre il pomeriggio praticava già in un’Agenzia Pubblicitaria negli Anni della Milano da Bere. Conseguì un reddito tale che, entro ventiquattro mesi le consentì di acquistare un appartamento a una cinquantina di chilometri di distanza dalla madre. Ci andò ad abitare.

Tuttavia, il rapporto non migliorò. Nei trent’anni successivi peggiorò. L’allontanamento geografico da Milano a Bergamo, a Torino, a Bardonecchia sul confine con la Francia fu direttamente proporzionale all’incremento delle incomprensioni e delle battaglie. 

La fuga non risolve. 

Poi a cinquant’anni divenne buddista. Al primo Zadankai la teoria che i genitori fossero scelti dai figli le causò uno shock terribile. Fino a quel momento, era riuscita a evitare di morire giovane nella convinzione che i genitori non si potessero scegliere, almeno non una madre odiosa che la odiasse. Per Gloss accogliere la teoria che sono i figli a selezionare i genitori diventò una sfida. Essendo da anni una guida pratica per le donne maltrattate sulla via dell’auto salvezza, comprese di avere avuto vite precedenti in cui era già stata Bodhisattva della Terra e che, invece del Nirvana, aveva scelto di tornare in questo mondo di sofferenza per illuminare sempre più gli altri e sé stessa, sulla base di un voto preciso.

“Per quanto infiniti siano gli esseri senzienti, pronuncio il voto di salvarli dalla sofferenza”, formulato su 4 principi:

“1) salvare innumerevoli esseri viventi, ovvero condurre tutte le persone alla Buddità, liberandole dalla sofferenza di nascita e morte; 

2) sradicare innumerevoli desideri e illusioni, ovvero vincere contro le nostre debolezze e trasformare il veleno in medicina;

3) conoscere un infinito numero di insegnamenti buddisti; ciò consente di non diventare mai arroganti, continuando a ricercare la strada corretta e il proprio miglioramento personale;

4) conseguire la Buddità, seguendo la propria missione.” (3)


“Tutti i membri della Soka Gakkai lo pronunciano mattina e sera durante la recitazione del capitolo “Durata della vita” (Juryo) del Sutra del Loto: « Mai ji sa ze nen, I ga ryo shujo. Toku nyu mu-jo-do. Soku joju busshin » (“Questo è il mio pensiero costante: come posso far sì che tutti gli esseri viventi accedano alla Via suprema e acquisiscano rapidamente il corpo di Budda?”) (4)


Gloss, che aveva già imparato ad affidarsi alla Legge Mistica, si sfidò di capire, con la testa, con il cuore, con fede, pratica e studio - i tre pilastri del buddismo, allo scopo di pervenire a una soluzione circa il rapporto con la madre. 


Ascoltando le esperienze di compagni e compagne di fede, leggendo in particolare i Gosho “I quattro debiti di gratitudine” e “L’offerta della torta di fango”, ha imparato che gratitudine è la parola chiave. Nel frattempo, Gloss ha superato una rottura di aneurisma cerebrale seguita da coma, un carcinoma mammario, uno ovarico. Non c’è cosa migliore delle sofferenze per crescere nella compassione in senso buddista, cioè riconoscendo la buddità altrui. 

Con tanto Daimoku, mattina, sera, camminando, guidando, in treno, percepì col cuore di aver scelto una madre prevaricatrice e abusante psicologica che l’aveva educata a superare le frustrazioni di nascita, malattia, invecchiamento, morte. Una Budda inconsapevole. 


Al momento, avrebbe dovuto superare l’avversione contro di lei, percependo riunite la madre e sé stessa in Itahi Doshin, allo scopo di fare Shakubuku con la vita alla madre stessa, che la vedeva innamorata del buddismo, e a coloro che avrebbero patito nelle relazioni familiari.

Arrivò l’occasione di  mettere una controtendenza. 


La madre ormai ultra ottantenne cadde, fratturandosi malamente un braccio. Subì un intervento gravoso durante il quale il chirurgo le inserì nel gomito un ferro fissato con sette chiodi, la sua normale routine quotidiana dichiarata recuperabile in non meno di tre mesi. Una volta dimessa e rientrata a casa sua, Gloss vide la madre, una donna lucidissimamente impietosa persino contro le proprie défaillances, dimenticare i rubinetti aperti. Manifestò cedimento. Gloss prefissò l’obiettivo di guarigione della madre non nei tre mesi pronosticati, ma in una quindicina di giorni.


Con il ruggito del re leone e a bocca chiusa per rispetto della madre cattolica praticante, Gloss recitò Daimoku e mise da parte l’orgoglio. Non avendo ancora ricevuto il Gohonzon (perché all’epoca abitava a casa della madre che, parlando dell’oggetto di culto, aveva affermato con vigore: « quel diavolo lì a casa mia non entra! »), Gloss cantava Gongyo nel Sangha davanti ai Gohonzon altrui. 

Con l’attivazione del Daimoku, Gloss trasformò la repulsione in compassione. Gloss insegnò alla madre esercizi riabilitativi destinati al recupero funzionale dei giocatori di calcio. La madre riuscì a riprendere la propria funzionalità quotidiana in quell’obiettivo dei quindici giorni, tanto da farne strabiliare il chirurgo che l’aveva operata. 


Magia? No. Attivazione delle funzioni protettrici della vita, che risiedono nella saggezza dell’individuo stesso e che vengono “richiamati” dal Daimoku. Gloss è felice di quella felicità effimera, che può durare un giorno, un’ora. O per sempre. La felicità effimera si trasforma in Felicità Duratura quando il proprio stato vitale non rimane in preda agli eventi. Si ottiene con la pratica del Daimoku. Anche se tutto sembra andare storto, “pratica pratica pratica”. Nonostante la prova concreta, la madre di Gloss ha proseguito nelle persecuzioni rivolte alla figlia. A Gloss sembrò che il Daimoku non trasformasse sua madre, (infatti così è) però non ha mai desistito, perché in altre occasioni aveva avuto prova che funzionasse anche a distanza. 

Continuò a lodarla nel suo Daimoku per le sofferenze che le aveva inflitto e che però l’avevano anche preparata a essere la donna forte dell’oggi. Se la madre si stupiva della sua innamorata adesione al buddismo, Gloss le rispondeva che quando si coglie la felicità per sé stessi e per l’intera umanità insita nella pratica, vi si aderisce con gioia e soprattutto la si propaga. Proprio come tra innamorati. La madre le chiese se funzionasse di più l’Ave Maria o il Nam-Myoho-Renge-Kyo. Gloss rispose di non sapere come funzionasse il Rosario, perché lei stessa l’aveva provato non ricevendo benefici pratici nella vita, ma dal Daimoku sì: prove concrete ogni volta che prefissava un obiettivo per sé nella visione prospettica di farlo anche per la felicità altrui. 

La mamma le chiese di scrivere il Daimoku su un pezzetto di carta. Lo pronunciò. A distanza di anni e di 250 chilometri, di una rottura del femore, di un ladrocinio da parte del fratello nei confronti della madre, di continue richieste di denaro di entrambi, di scoperta dei danni economici subiti da loro, di una lettera in cui Gloss diceva di perdonarli chiedendosi chi fosse lei per decidere della felicità altrui, ecco la trasformazione della madre. Riconobbe di essere stata anaffettiva. Gloss aveva comunque raggiunto uno stato di Felicità Duratura attraverso la trasformazione della sofferenza col Daimoku.


Note

(1) cit. “Una prospettiva di pace”, Daisaku Ikeda

https://www.sgi-italia.org/una-prospettiva-di-pace/?kw=felicit%C3%A0%20duratura


(2) Daimoku: d’ora in poi, tutti i termini buddisti e le espressioni idiomatiche, definite con rispetto “buddese” potranno essere reperibili al sito ufficiale della Soka Gakkai Internazionale in versione italiana - Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai https://www.sgi-italia.org/

(3)  (cfr. DB, ed. 2006, 643)

(4) Cit. La comunità buddista - il Sangha | Soka Gakkai https://www.sgi-italia.org/la-comunita-buddista-il-sangha/?kw=come%20il%20buddismo%20definisce%20con%20una%20parola%20il%20%22mondo%20di%20sofferenza%22  - ultimo accesso 111 dicembre 2024